Vero sopravvissuto degli stravizi rock (non si è fatto mancare niente: alcool, droghe, cardiopatie con diagnosi da fin di vita, sigarette una dietro l'altra) oggi il quasi cinquantenne Soul Hudson detto Slash si è dato una discreta calmata, mollando la bottiglia da un lustro a questa parte e da un po' di tempo in qua anche il tabacco, dopo aver visto la madre morire di cancro ai polmoni.

Gli sono rimaste due cose però, intatte come dal primo giorno che lo si è conosciuto: la prima è l'incommensurabile faccia da schiaffi, con quel ghigno da vero pirata e figlio del mondo (padre inglesissimo e bianchissimo, madre americana di colore)... manca è vero la famigerata cicca perennemente a penzoloni dalle sue labbrone afro, ma come già detto basta stravizi.

La seconda costante è la fenomenale, bestiale energia che caratterizza ed eleva a livelli da fuoriclasse il suo talento di chitarrista. Slash non ha inventato niente sullo strumento, è un figlio legittimo di Jimmy Page e del chitarrismo anni settanta ma la furia, la potenza, l'efficacia,  il "tiro" con cui approccia (o meglio cavalca, divora, scalcia) la sua Gibson Les Paul Standard sono senza pari. Ben lo sanno molti suoi colleghi musicisti (persino gente di altri mondi come Carole King, o a suo tempo Michael Jackson e lasciamo perdere l'impresentabile Vasco Rossi) che lo hanno assoldato per impreziosire qualche loro canzone e/o ravvivare qualche loro concerto.

Ecco, in questo disco il produttore ha saputo rendere al meglio l'attacco micidiale ed unico del riccioluto musicista anglo-americano: la traccia della sua chitarra è costantemente piazzata di tre quarti sul canale destro, e lì vi rimane anche quando è il momento dell'assolo, giusto un pedalino da schiacciare e via che si va. La registrazione è costantemente colta dal vivo nello studio, con tutti i musicisti a suonare insieme, compresi gli assoli ma anche i rientri, i fischi, le pernacchie e le piccole risonanze. Niente sovraincisioni o quasi... nell'altro canale viaggia di rinforzo la chitarra ritmica del cantante Myles Kennedy che, pur abile e presente, trasmette inevitabilmente la metà del punch di quella di Slash.

Myles però si rifà con gli interessi con il suo canto: è indubbiamente l'ugola heavy metal del decennio, veicolata dalla crescente affermazione del suo gruppo Alter Bridge. Qui con Slash la faccenda si sposta dal metal all'hard (molto hard) rock, ma Kennedy non ha certo problemi a convertire il piglio epico e talvolta malinconico che ama tenere con il suo gruppo, in qualcosa di più stradaiolo e sgangherato. Sempre clamorosi i suoi passaggi all'ottava superiore tra una strofa e l'altra... l'uomo non ha proprio problemi a cantare a piena gola su note impensabili ai più.

Il buon Myles al successo è arrivato tardi, dopo lunga gavetta (ha solo quattro anni meno di Slash) ma se lo merita tutto. Il chitarrista gli chiede di strafare un poco di più di quanto è uso nella sua band abituale e lui esegue, sormontando il micidiale casino dei quattro strumenti (oltre a loro due, ci sono i meno noti Brent Fitz alla batteria e Todd Kerns al basso) con disarmante potenza ed espressività.

Fra le dodici canzoni presenti le mie preferenze vanno a "One Last Thrill", tre minuti di adrenalinico rock'n'roll sparati a palla, poi la più appoggiata "We Will Roam", in cui intravedo lo stile compositivo di Kennedy anche sulla chitarra, ed ancora la più complessa "Anastasia", che esordisce con una cadenza Bachiana sinfo-rock stile Malmsteen (o Blackmore, se si vuole) che si risolve in un vigoroso riff e poi si apre nel cantato, riciclando più volte queste tre sezioni ed allungandosi in un esteso, debordante solo di Mr.Hudson.

La mia preferita è comunque "Far and Away", una ballata blues che fa cantare le strofe a Kennedy sopra un arpeggio in minore a'la Lynyrd Skynyrd e poi si apre in un impagabile ritornello, che oscilla fra tonalità maggiore e minore, pregno di feeling e sane vibrazioni.

Questo secondo disco a nome Slash è insomma un festival di vecchia musica rock blues pesante e "analogica", tale e quale che fossimo nel 1973 se non fosse per la ben maggiore dinamica e resa in masterizzazione possibili attualmente, ma quando c'è il cuore (e ce n'è parecchio) non manca null'altro per godere appieno all'ascolto.

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Altre recensioni

Di  MichaelRose86

 Slash è uno che sa quello che vuole. Il suo vero obbiettivo è sempre stato suonare il suo strumento preferito davanti a delle persone.

 Quello che potete trovare in abbondanza è il divertimento. Il classico divertimento che solo un grande cd hardrock può garantire.