Eh beh... Spiderland.
Cosa è Spiderland? Partiamo dalle origini: gli Slint appunto.
Una band di Louisville formatasi nell'87 grazie al chitarrista Brian McMahan al batterista Britt Walford, vanta anche un secondo chitarrista, David Pajo (uno dei chitarristi più influenti degli ultimi quindici anni, oltre che personaggio introverso e schivo) ed il bassista Ethan Buckler.
Il loro primo album, Tweez, targato 1989, viene prodotta da un'altra delle poche teste pensanti americane del periodo, Steve Albini, che ne capisce subito le potenzialità.
Tweez si stacca nettamente dal suono Underground/Statunitense del periodo, è un disco che unisce a dei pezzi Hardcore molto più complessi della norma, delle perle di una fremmentarietà unica, un nuovo stile, che si stacca notevolmente da un qualsiasi cliché rock. Forse però la presenza di Albini intimidisce il gruppo stesso e ne limita la creatività, dato soprattutto il suono delle distorsioni troppo Big Black/Rapeman (i gruppi di Albini appunto) simile, e date alcune strutture troppo lineari per loro (il che significa già molto più ampie per qualsiasi altro gruppo americano proveniente da territori Hardcore o Simil).

Ma bastano due anni, 1991, per arrivare a Spiderland appunto, uno dei dischi più influenti degli ultimi 15 anni, fondatore di un nuovo stile , chiamato post-rock, che si stacca in maniera netta da qualsiasi abitudine rock fin qui creatasi (solo i Talk Talk di Spirit Of Eden e Laughing Stock possono sentirsi chiamati in causa...).
Ci sono si basso, batteria, chitarre e voci, ma non hanno più i ruoli che hanno sempre avuto in questo ambito. La voce recita la maggior parte delle volte, gli unici richiami alla melodia (hardcore cmq , per cui urli disperati più che altro), servono solo per amplificare la musica stessa, non si ha mai l'idea della centralità della voce. Le chitarre, sopratutto quella di Pajo, sono le più rivoluzionarie dalla Gioventù Sonica fino ad allora, non fanno riff, non fanno accompagnamento, fungono più da strumenti classici, creano un'onda, sempre ben delineata e precisa, di una emotività impressionante. Il basso è perfetto per accompagnarle con il suo suono tondo e mai diretto. La batteria è allo stesso tempo di una importanza maniacale, ricca di accenti (bravissimo Britt Walford) e mai fuori luogo. Insomma, tutto è in perfetto equilibrio per trasformare le sei tracce del disco in un iter sognante e decadente.

L'hardcore non esiste più, l'album si apre con tre armonici che fluttuano elegantemente nell'aria (già qualcosa di rivoluzionario che poi verrà usato a bizzeffe), e narcotizzano l'ascoltatore. Le pause ed i silenzi hanno un ruolo fondamentale, amplificano l'esperienza, creano uno strato fumoso e scuro su cui si viene cullati verso fragorose cascate (Nosferatu Man), che mai però danno l'idea di violenza o durezza (hanno un'intensità quasi Wagneriana,più affine cmq alla musica classica....).
Good Mornign Captain, oltre ad essere una delle cose più belle che personalmente abbia mai ascoltato, ci porta lentamente fra le nuvole per poi farci rischiantare per terra, solo che al momento dell'impatto, invece del dolore, ci risvegliamo da uno dei più geniali sogni che siano mai stati suonati.

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