Benito Benites e John "Virgo" Garrett III, al secolo Michael Münzing e Luca Anzilotti. Gli Snap! nascono e muoiono tra tastiere, sintetizzatori e produzione di questi due signori. Per il resto, dal corpulento Durron Bulter (aka Turbo B) alle coriste e ai ballerini, si tratta di naturale turnazione.

Anche se, a dirla tutta, dopo i bagordi di "The Power" (1989/90), Bulter acquisì il ruolo di frontman perché: appariva nelle copertine, nei video, rappava, contribuiva ai testi e racchiudeva onori ed oneri promozionali, di ogni sorta.

Va da sé che in occasione delle registrazioni dell'album che doveva far da successore al pluridorato "World Power" (1990), Mr. Turbo pretendesse un ruolo di rilievo anche in sede di stesura. La prima scaramuccia nacque da questo embrione. Il core-duo del progetto, che aveva occhio clinico e fiuto lungo, volle optare per "Rhythm Is a dancer" come singolo apripista all'album. Per contro, Bulter spinse per la melensa "Coulour Of Love", della quale rivendicava la paternità. Fu esaudito, ma il brano non decollò. Seppur melodico e discretamente strutturato, finiva per annoiare già in prossimità della seconda strofa.

Bulter nutriva anche un pregiudizio di stampo agnostico, in merito a "Rhythm Is a dancer" : mal digeriva il verso "I'm serious as cancer when I say rhythm is a dancer", scoprendo un'angolazione bigotta al cospetto della mole imponente e minacciosa. Tant'è: la prima fece flop, la seconda fece boom e mandò la nuova fatica in studio del progetto, "The Madman's Return", in testa alle classifiche di tutta Europa, al punto da produrne un'edizione nuova quasi all'uscita di ogni singolo. E' d'uopo che la 'third edition', la più corposa, meriti una riflessione.

La title track, che apre il disco, spiazza un filino. Profuma più di undergorund che di eurodance, risultando poco affine al passaggio rafiodonico ma accontentando chi vuol sentire stridere i macchinari in studio, con fare ruvido.

Da lì in poi, tralasciando la scia chimica commerciale dei singoli (le due sopracitate, la disinvolta "See The Lights" e la rielaborazione di "Ex-Terminator", "Exterminate") l'album si colora. Non ci si annoia, insomma. Niente mano agli incensi, chiaro, ma menzione di tutto rispetto per "Don't Be Shy", sfumatura pop orecchiabile che brilla di luce propria, per l'accusatoria "Who Stole It ?" che a sua volta va a rubacchiare il refine a "Killer" di Adamsky, per "Keep It Up" che ha conferito tamarraggine agli allenamenti di Tommy Gunn, il pugile poi rivelatosi cattivo in Rocky V, e per la trance on trance "Homeboyz".

A conferire ulteriore credibilità al disco è l'equilibrio. Münzing e Anzilotti vanno a braccetto, da sempre. Affiatati e compatti, già nel 1986 fecero la fortuna di tale Off con "Electrica Salsa", una porcata pazzesca che però vendette. L'equilibrio nasce dalla di loro sagacia e dall'ancestrale dirompenza di Turbo B, che lascerà il progetto poco prima del lancio della third edition a cui faccio riferimento, per mettersi in proprio con l'album "Make Way For The Maniac" oltre a sposare il progetto soft house "Centory".

Gli Snap!, prima di entrare nel circuito memorabilia, sfornarono un altro album nel 1995, "Welcome To Tomorrow", decisamente più pacato e senza Turbo B, con cui cercarono di riconciliarsi nel 2000, ma l'album "One Day On Earth" venne respinto all'ultimo dall'etichetta discografica e, ad oggi, rimane unreleased, eccezion fatta per "Gimme A Thrill", potenziale primo singolo che mancò le classifiche.

Questo "The Madman's Return" andrebbe visto con il giusto mix di occhio critico e tenerezza. Ben vengano Calvin Harris e soci contemporanei, la fattura del loro prodotto finito è squisita, ma gli echi di questi artigiani dell'elettronica infarcita dance dei primi anni '90 ancora scaldano il cuore o, perlomeno, catturano la memoria dell'ascoltatore, anche del più disattento.

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