Il nuovo fenomeno sotterraneo è lei, Anja Plaschg. Perché ha 19 anni. Perché viene da Gnas, che è un paese della Stiria (Austria, ma verso la Slovacchia; oddio, insomma, in mezzo ai boschi) ignoto agli stessi austriaci. Perché ha uno stile ricercatamente dark: pallore della pelle e abiti neri, pose inquietanti e sguardo spettrale, come se uscisse da una novella di Poe ritoccata da Dostoevskij. Perché il suo disco suona come poche cose uscite di recente, e suona ombroso assai.

C'è un pizzico di apocalissi, in queste tredici canzoni. Da ambientare in qualche cimitero mitteleuropeo sullo sfondo di una cattedrale gotica. La Nico di "Desertshore" abita i territori dell'immenso musicale, ma un po' della sua catastrofe-riversata-sul-piano qui si sente fuori di dubbio; e molta della sua teutonicità. Il piano è battuto, violentato spesso, con attitudine fisica che nel disco si fa sentire, mentre la voce crucciata vomita paure che riemergono dall'infanzia. Austriaco, tra gli altri, era Freud.

Piacciono meno i (pochi) momenti distensivi ("Cry Wolf", "Extinguish Me"), anche se tra questi andrà piazzato, ma con cautela, l'eccellente "Turbine Womb", strumentale carillon tenebroso che partecipa piuttosto del funebre. La vera capacità della Plaschg è quella di amalgamare classico e sperimentale, tradizione e tecnologia, sicché il disco suona fuori dal tempo e modernissimo assieme, odora di conservatorio (polvere, spartiti, pioggia) e di synth metallico. Se molti brani sono soltanto decorati di striscio da intromissioni elettroniche ("Thanatos", "Spiracle"), altri ne sono pervasi: "Fall Foliage" è squarciato a metà da pesanti beat e fruscii, "Marche Funèbre" è quello che dice il titolo, e lo è in un clima medievale chiesastico da tableau vivant in cui però fanno capolino larsen taglienti come lame e urla mortuarie (noir puro); "DDMMYYYY", poi, è pura macchina.

Non tutto torna, e di acerbità ne restano, o in tinte troppo marcate o in episodi scialbi che non fanno trapelare, al di là dell'atmosfera nera perfettamente ricreata, una grande idea compositiva. Tra poco la ragazza sarà in Italia e vedremo se è vera gloria, o se la posa predomina. Intanto le grida al capolavoro del popolo indie irritano, ma non offuscano la sostanza di un lavoro che, contorno a parte, un segno lo lascia.

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