Gelsenkirchen (distretto di Munster), anno 1990.

Sono passati solo pochi mesi da quando, con l'uscita dello storico "Agent Orange" ('89), Tom Angelripper e soci si sono tolti lo sfizio di far fare un bel giro in bicicletta senza sellino a molti dei loro detrattori.

Da un lato, infatti, l'ingresso in formazione del chitarrista Frank "Blackfire" Gosdzik ha saputo spazzare via anche le ultime incertezze compositive che la band si trascinava dietro sin dai tempi dell'EP d'esordio "In The Sign Of Evil" ('84, ad oggi tra i massimi esempi di inettitudine tecnica, bruttezza dei componenti e imbarazzante mediocrità di liriche: indimenticabile l'inno onanistico-nichilista: "I masturbate to kill my self"), dall'altra, "Onkel" Tom ha imparato a vestire in maniera eccellente i panni del frontman, maturando notevolmente anche come paroliere. Insomma, con l'appropinquarsi della fine del decennio, i Sodom possono affrontare la scena metal nazionale ed europea a testa alta, con accresciuta dimestichezza in fase di songwriting e, cosa che non fa mai male, una buona fetta di pubblico che fa il tifo per loro.

Proprio durante il tour promozionale di "Agent Orange", però, il raggiunto equilibrio del terzetto si spezza: Blackfire, su invito di Sua Maestà Mille Petrozza, decide di unirsi ai cugini Kreator, con i quali registrerà, l'anno successivo, l'ottimo "Coma Of Souls". Per tale motivo, "Better Off Dead" si presenta già sulla carta come un disco, se non di rottura, certamente di allontanamento rispetto a quanto fatto sentire fino ad allora dalla band.

L'attacco della opener "An Eye For An Eye" fuga ogni dubbio: bastano poche battute, un paio di giri di chitarra e una manciata di tupa-tupa per cogliere gli effetti di una piccola rivoluzione intervenuta a livello di produzione. Il veterano Harris Jhons (tra i fautori, tra l'altro, di quell'apocalisse sonora che fu "Consuming Impulse" dei Pestilence), richiamato in sala comandi dopo aver messo la propria firma nel disco precedente, opta infatti per un taglio sonoro più secco, per certi versi più pulito e stranamente compresso, che pare quasi volersi lasciare alle spalle le sonorità ruvide e vagamente zanzarone degli album precedenti. Tale rinnovata veste sonora, sebbene abbia lasciato interdetti molti puristi del genere, a mio avviso non compromette affatto la qualità complessiva del disco e, anzi, si attaglia perfettamente allo stile del nuovo chitarrista Michael Hoffman (proveniente dai Francescobusiani Assassin).

Proprio il differente approccio riservato da quest'ultimo alla chitarra, infatti, costituisce un ulteriore punto di rottura con le precedenti produzioni del terzetto. Nella sua tutto sommato breve carriera nei Sodom, il buon Frank Gosdzik era sempre riuscito, a mio avviso, ad utilizzare al meglio i "pochi mezzi a propria disposizione": il suo era uno stile piuttosto riconoscibile, dal vago sapore proto-blackeggiante, con ritmiche grattuggiose su corda singola e armonizzazioni su intervalli di quarta, cui si contrapponevano assoli, spesso in tapping, nei quali trovava sovente spazio una certa melodia, una certa orecchiabilità. Hoffman, dal canto suo, preferisce evitare imbarazzanti tentativi di scopiazzatura e opta per un lavoro chitarristico tutto sommato personale che, da un lato, nei pezzi più tirati, si presenta costruito su ritmiche chirurgiche, dal retrogusto quasi statunitense ("Shellfire Defense" e "Tarred And Feathered"), e, dall'altro, strizza l'occhio, in maniera neppure troppo velata, all'heavy più tradizionale, se non addirittura all'hard rock tout court.

Sarà proprio questa notevole varietà di sounds e generi a fare da croce e delizia per "Better Off Dead". Preso nel suo insieme, infatti, il disco si palesa forse addirittura fin troppo variegato per gli standard dell'epoca: da una lato, la velocità di furiosi lampi speed/thrash (quali la tiratissima "Bloodtrails"), in cui la band mostra quanto ancora possa sentirsi a proprio agio con tempi e soluzioni puramente dedite all'aggressività sonora, dall'altro, quella mescolanza di passione e rispetto che da sempre lega a doppio filo il leader Angelripper con le origini del genere metal. Nel disco trovano, infatti, posto due cover: la splendida "Turn Your Head Around" (gioiellino perduto della discografia dei Tank, consigliatissima band dallo stile spudoratamente motorheadiano) e, addirittura, in pieno hard rock revival, "Cold Sweat" dei Thin Lizzy. Ma, ancor di più, è la presenza di mid/mid up tempos quali "The Saw Is The Law" e "Resurrection" (nel cui finale addirittura fanno la loro comparsa dei coretti vagamente epici assolutamente inconcepibili fino al disco precedente!), a segnare maggiormente la distanza con quanto fino ad allora fatto sentire dal terzetto.

Anche negli episodi più violenti, poi, il disco pare permeato da un approccio più ordinato e più ragionato, meno spasmodico. L'accresciuta dimestichezza con i propri strumenti (i progressi di Witchunter alla batteria rimangono ancora oggi documentati nelle migliori enciclopedie metallare alla voce "Miracolo"), una maggiore maturità compositiva e il venir meno di quella specie di necessità di suonare "cattivi" a tutti i costi (basti per tutti il cantato di Angelripper, qui molto più misurato e, ancor più che in passato, in puro Lemmy style), fanno sì che l'album possa godere di un groove e di una immediatezza del tutto nuovi per il sound della band.

"Better Off Dead", pur non potendo fregiarsi del titolo di capolavoro, rimane a tutt'oggi un ottimo disco. È ben suonato, vario, forse solo penalizzato da un numero eccessivo di canzoni che, se non altro ai primi ascolti, lo viziano di una sorta di "dispersività", ma, soprattutto, rappresenta il tentativo - perfettamente riuscito - di una band di staccarsi dall'intransigenza che ne aveva caratterizzato il sound nei dischi precedenti, senza per questo rinunciare alla propria natura estrema.

Carico i commenti... con calma