E' vero, è stato il sottoscritto a dare 5 stelle al loro debutto "Cognitive". Ma posso dire che in questi due anni ho riascoltato quel disco e come tanti altri lavori sono arrivato ad una riformulazione della mia idea. Disco che ho rivalutato in negativo, anche se nel loro spudorato flirt con A Perfect Circle e quindi Tool, "Cognitive" aveva un suo perchè, soprattutto a livello qualitativo. Ecco perchè aspettavo con un pizzico di impazienza il nuovo "Tellurian", anticipato da una copertina che oltre ad essere brutta è anche completamente slegata dalla musica proposta dal combo. Ma cosa c'è nel nuovo capitolo dei Soen?

I Soen ci hanno provato: hanno tentato di distaccarsi dall'appellativo di "band clone dei Tool", senza però riuscirci. Alla fine si può affermare che sono riusciti nell'intento di partorire un disco bruttino, senza allontanarsi veramente dai ritmi oscuri della band di Maynard Keenan. La prima sensazione che si ha terminato l'ascolto del cd è quella di un album solista del singer Joel Ekelof. I brani non hanno nessun tipo di variazione della loro architettura e a dominare è sempre e solo la voce di Ekelof, ben presente per tutta la lunghezza delle canzoni. Fughe strumentali inesistenti, songwriting piattissimo. In questo senso l'abbandono di Steve Di Giorgio si è fatto sicuramente sentire. A ciò si deve aggiungere la lentezza forzata della maggior parte dei pezzi: mid tempo in cui Ekelof "teatralizza" il suo canto e la sensazione è quella di una band che non ce la fa, come se un maratoneta dovesse correre con una catena di piombo alle caviglie. Tutto vorrebbe suonare complesso, decadente, poetico, ma il risultato è un'insieme di brani di mascherato progressive metal dove oltre alla perizia dei musicisti c'è pochissimo altro da segnalare. Già il singolo apripista "Tabula Rasa" era abbastanza indicativo in questo senso.

"Tellurian" è un lavoro che si mostra perfetto sotto il punto di vista della produzione (Spinefam Records), dove tutti i musicisti si muovono all'interno di schemi precisi, forse anche troppo. Si ha l'impressione di un disco di maniera, che oltre ai soliti Tool e A Perfect Circle strizza l'occhiolino anche agli Opeth (emblematico l'incipit di "Koniskas"). Forse non poteva essere altrimenti, vista la presenza di Martin Lopez dietro le pelli. Un disco che quindi prende a piene mani da questo e quello, esattamente come faceva il precedente, che però aveva una qualità complessiva e un songwriting decisamente superiori. Probabilmente è uno di quei classici dischi a cui va attribuita l'etichetta di "lavoro che necessita di svariati ascolti", ma la sostanza è che oltre i soliti riff di maniera e un cantato teatrale e decadente, i Soen sono l'emblema simbolico di una realtà che sembra avere nel riciclo spudorato la sua unica fonte di "salvezza".

1. "Komenco" (0:37)
2. "Tabula Rasa" (5:25)
3. "Kuraman" (5:25)
4. "The Words" (6:19)
5. "Pluton" (7:27)
6. "Koniskas" (4:59)
7. "Ennui" (5:21)
8. "Void" (8:31)
9. "The Other's Fall" (8:43)

Carico i commenti... con calma