Giusto ieri un noto utente del sito ha liquidato il Black Metal come "un'autentica pagliacciata": una mancanza di rispetto che onestamente mi ha fatto arrabbiare. Urge rimediare, urge una replica a questo affronto; urge riportare in Home il funereo vessillo del Metallo nero.

Sulle prime pensavo di sciorinare l'esordio di Warmoon Lord, ma dopo aver ascoltato il suo sound old-school mi sono sentito a disagio. Perché in fondo è vero, parecchi dei gruppi pionieri della seconda ondata Black, l'ondata che ha definito il genere come lo conosciamo oggi, erano composti da individui quantomeno discutibili, talvolta veri e propri criminali; e a furia di corpse paint, di teste di maiale gettate sul pubblico, di ebrei insultati e offesi, di culto di Satana, di omicidi-suicidi e di chiese bruciate ogni tanto per passatempo, la tentazione di derubricare il movimento a un'accozzaglia di mentecatti un po'sale. Ma non bisogna scordarsi che è un movimento che ci ha donato band come gli Immortal, i favolosi Enslaved e i primi Ulver, giusto per citarne tre; né si deve ignorare che, per le sue caratteristiche, il Black Metal è una forma musicale che si presta particolarmente a fusioni e contaminazioni che mantengono il genere sano e in forma e ci hanno regalato opere memorabili.

In tal senso, accorrono in mio aiuto i russi Somn; un gruppo nuovo di zecca, i cui membri, con altre band, hanno già messo le mani in pasta nella zona della tundra dove si fondono Black Metal, Post Metal e Shoegaze.

"The All-Devouring" è un album che riflette sulla notte, lunga e spietata, sui poteri dei sogni e sull'ansia dovuta alla perdita di controllo sui nostri pensieri quando dormiamo. All'opener "Sightless" spetta tracciare le coordinate del lavoro: cupe chitarre Shoegaze perturbate da crescenti distorsioni che evolvono in una forma sonora ibrida; infine, ecco l'esplosione, l'aggressione Black. Aggressione che però viene presto temperata, controllata, incanalata in un'atmosfera di puri arabeschi emotivi. "The All-Devouring" è questo: un condensato di sensazioni, di increspature dell'anima, per un Black Metal atmosferico intinto di Shoegaze che talvolta sprigiona la sua furia in feroci blast beat e una voce in scream enslavediana, talaltra indugia in passaggi Post Rock eterei, sofferti e malinconici. Quattro lunghe tracce che sono come quattro intricati capitoli di un romanzo, tra angoscia, ansia, passione, tristezza e conforto, in un climax che va dalla cecità allo stupore, dalla tempesta mentale all'annullamento.

Ma poi c'è l'incipit di "Tempest" che ricorda "Chop Suey!". Ma poi ci sono i cimbali, quegli splendidi cimbali di batteria che risuonano col tuo spirito.

Un disco che non vi catapulta in mezzo a una foresta ghiacciata di notte con la Luna piena, ma ha ciò che ogni vero album Black Metal deve possedere: l'essere viscerale.

Ho finito... adesso mi sento meglio... molto meglio...

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