Quanto è importante il ricordo? Gli antichi Romani lo sapevano bene dal momento che la peggiore pena prevista dal loro codice non era quella di morte, bensì la Damnatio Memoriae. Letteralmente si trattava della cancellazione del ricordo di chi si macchiava di crimini contro lo Stato ed il Senato: si eliminava il suo nome dalle fonti letterarie e dalle epigrafi, il suo volto abraso dai rilievi, statue e busti che lo ritraevano distrutti; e nessuno doveva neanche nominare più il suo nome. Forse all’epoca era davvero facile cancellare il ricordo di qualcuno poiché non c’erano, ad esempio, le foto e le canzoni. Ma le foto possono andare perdute e con un click le cancelli, mentre le canzoni no. Tutti noi le leghiamo intimamente a momenti, volti, luoghi, e non le puoi cancellare, al massimo puoi evitare di ascoltarle. Eppure i Romani non devono esser stati così bravi se nomi e gesta di condannati a tale pena come Marco Antonio, Caligola, Nerone, ecc.., sono giunti sino a noi. Perché non è vero che si dimentica. I ricordi si addomesticano, si anestetizzano. Restano lì, affievoliti in un angolino del tuo stomaco, finché un giorno quelle canzoni che non ascoltavi più ti colgono di sorpresa e certi ricordi riprendono quasi vita. In qualche caso suscitandoti un sorriso, in altri non ti viene altro che fare spallucce.

Live on I-5 è un album che raccoglie alcune performance live, appunto, registrate durante il tour in Nord America per la promozione di Down on the Upside nel 1996. “I-A” sta infatti per Interstate 5, strada che attraversa la costa pacifica del Nord America. Le registrazioni furono realizzate proprio allo scopo di pubblicare il primo, e ad oggi unico, album live dei Soundgarden. Ma dopo suddetto tour la band si sciolse e alla fine il progetto fu pubblicato, contestualmente alla reunion della band, nel 2011.

Lo ascolto ad occhi chiusi e la memoria mi teletrasporta al Castello Scaligero di Villafranca di Verona in prima fila sotto il palco, schiacciata contro le transenne da centinaia e centinaia di fans ma con Chris esattamente davanti a me, e questo mi bastava a sopportare quella dolorosa pressione che in certi momenti mi toglieva il respiro ma non la felicità di essere lì. Era il 2 luglio 2014 e i Soundgarden erano in tour per i 20 anni di Superunknown. La scaletta fu anche praticamente quasi la stessa del Live on I-5, il che concorre a farmi rivivere intensamente quel ricordo.

Va subito detto che questo non è l’album migliore per rendere giustizia al talento e alla memoria di Chris, poiché la sua performance vocale è spesso fiacca e asmatica. Ma in fondo questo disagio non è altro che lo specchio dei giorni neri in cui era caduto: la sua vocalità unica sembrava ormai seriamente compromessa dall’abuso di alcol, ed infatti a fine tour si sottopose ad un delicato intervento alle corde vocali; faticava a combattere la sua dipendenza da droghe ed alcol che lo porterà davvero sull’orlo della distruzione depresso ed anoressico fino all’incontro salvifico con l’Amore della sua vita Vicky Karayiannis; infine, all’interno del gruppo si era creata una frattura insanabile che condurrà allo scioglimento.

Come a Villafranca anche l’album si apre con l’irruenza di Spoonman e Searching With My Good Eye Closed ed è subito chiaro che è il suono il vero protagonista di questo live, il quale compensa, anzi sovrasta le défaillance vocali di Cornell. I brani in scaletta riguardano principalmente gli album della parte centrale della loro carriera, mancano infatti canzoni da Ultramega Ok e Louder Than Love, mentre incredibilmente tuona cupo e graffiante il singolo Nothing To Say tratto dal loro primissimo EP Screaming Life. Una strana cover di Helter Shelter incupita e rallentata lentamente sfuma in una delle migliori tracce, una riverberata e psichedelica Boot Camp. Slaves & Bulldozers, spogliata dalla sua veste originaria, è caricata dalla forza propulsiva e hard rock dell’assolo prolungato di Ben Shepherd. Il live si chiude in bellezza con una struggente e solitaria versione di Black Hole Sun che un po’ anticipa la svolta intimista e cantautorale che Chris intraprenderà tempo dopo con la sua carriera solista, e con la furia di Matt Cameron in Jesus Christ Pose nella quale finalmente Chris tira fuori la sua leggendaria voce.

I concerti sono finiti. Non ci saranno più ricordi nuovi. Dovrò farmi bastare per tutta la vita quelli che ho, malgrado adesso non mi facciano affatto sorridere.

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