Per tutti coloro che ritengono il rock'n'roll non solo uno dei tanti generi musicali, ma un'urgenza, una assoluta e disperata necessità di comunicare pensieri, esperienze, emozioni.

Se qualcuno è rimasto spiazzato dal modo in cui Bruce Springsteen tratta, negli ultimi anni, la sua "Born in the U.S.A." rendendola in versione totalmente acustica, rimarrà probabilmente ancora più basito dalla versione totalmente elettrica che ne fanno gli Spanish Johnny in apertura del loro secondo episodio.

E' una versione al vetriolo, tutta chitarre elettriche e armoniche urlanti, messa all'inizio tanto per chiarire subito le cose. Loro si "nascondono" ancora dietro a nomi fittizi, comunque sono Paolo "Santiago Lobo" Panteghini e Tommaso "Blu Dakota" Vezzoli alle chitarre elettriche, Enrico "Henry Dakota" alle tastiere e all'accordion, Tommy "Geremiah Smith" Fusco al basso elettrico, Alessandro "Cletus Cobb" Ducoli che canta, suona armonica e chitarra acustica e scrive quasi tutte le canzoni, e James "O'Presley" Gelfi che suona la batteria.

Il disco si avvale poi di vari ospiti, tra cui Beppe Donadio al piano, Paolo Mazzardi (Impossiblues) all'hammond, Veronica Sbergia (la SverOxa dei Garage Toys) e Alessandra Cecala (la Cecca dei Califugo Blues Band) alle voci e ai cori femminili. Il disco, dopo la partenza al fulmicotone, si fa poi leggermente più introspettivo con "La mia cellula di guardia", dove Cletus Cobb, con voce filtrata, reclama l'urgenza di cercarsi un posto sicuro "in questa galassia di facili e mitici eroi".

"Just keeping" è una ballata con qualcosa di waitsiano, "Morrison's ladies" è invece un rock'n'roll che parla di serpenti, di autostrade, di macchine sfasciate sulla Vine, e di "donne della mezzanotte le cui stanze sono sempre aperte". Si torna sull'introspezione con "Io personalmente", con una specie di confessione personale in cui Cobb sostiene (e qui riporto fedelmente) di "non pensare che si possa rinunciare a sostenere cose nelle quali ognuno di noi crede".

Poi ci sono i due pezzo a mio dire, più belli del disco, cioè "Wrong idea", che, non me ne voglia Cobb, mi sembra un incrocio tra certo Dylan di "Modern times" (e non solo per il timbro vocale) e qualche vecchio sporco blues polveroso, e "Rino", che è una vera, appassionata dedica a Rino Gaetano, un pezzo che inizia acustico e tranquillo per poi esplodere in un rock chitarristico dagli accenti "Green On Red". Anche "Natale 1890" è una gran bella ballata che ricorda un Natale con soldati e cannoni che passano vicino, quindi un tempo di guerra. "La tua rivoluzione"è un'altra ballata rock il cui testo, secondo la mia interpretazione, invita a smetterla di seguire certe persone che sostengono di avere le uniche soluzioni giuste a tutto, ma a ragionare con la propria testa senza delegare altri a dire quello che pensiamo. Non so se mi sono spiegato, ma tant'è.

Il disco viene chiuso da "Assenza di tempo", ancora piuttosto personale, e da "R'n'r funeral", con un interessante controcanto femminile e con un bellissimo assolo finale di armonica a chiudere questo ottimo secondo lavoro dei Johnnies che si ripropongono, a distanza di un anno, come una band le cui performances dal vivo sono dei veri e propri happening di rock'n'roll. Chiunque sia curioso di sapere da dove viene la musica che i Johnnies propongono vada a sentirli, oppure faccia un giro sul loro sito www.spanishjohnny.it.

Non resterà deluso.

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