"The way I am / you'll never change / 'couse the way I am / is the way I am" canta Aaron Lewis in "The Way I Am", una delle canzoni del nuovissimo sesto album degli Staind, e non sta scherzando: questo "The Illusion Of Progress", anche dopo diversi ascolti, è esattamente ciò a cui la rock band di Springfield ci ha abituato da quasi 10 anni, senza il minimo cambiamento di rotta: album riconducibili al post grunge, con sprazzi di Nu Metal e di pop da TRL, con un songwriting incentratissimo nello spiegare quanto la vita faccia schifo.
E anche in questo album, come nei predecessori, ad aprire le danze è uno dei brani più Hard dell'opera,"This Is It", in cui gli Staind rispolverano il grezzo Nu Metal di "Dysfunction"; sulla stessa riga si muovono anche "Break Away" e "Rainig Again", entrambe più che sufficienti, ma posizionate nell'album in posizioni strategicamente enigmatiche: essendo brani piuttosto pesanti, potevano servire ad alzare il ritmo tra le numerose ballate, ma sono stranamente relegate quasi in ultima posizione.
Altre note positive di "The Illusion Of Progress" sono appunto le ballate "Tangled Up In You" e "The Corner": la prima, acustica, grazie ad una performance di Lewis particolarmente ispirata ed un bel sottofondo violinistico rappresenta il punto emotivamente più alto dell'album, mentre la seconda è una notevole epic ballad che vanta l'innesto vocale di un coro gospel di afroamericane; questi descritti sono episodi che hanno soprattutto il merito di aprire nuovi orizzonti alla band, e sicuramente sono ciò a cui si riferiva Lewis descrivendo questo come l'album più "musicale" e tecnicamente ispirato degli Staind.
Peccato, però, che la grande musicalità ed ispirazione si fermino tristemente qui: altri episodi come la già citata "The Way Am" e la hit "Believe" soffrono di un songwriting pesantemente insufficiente, leggasi ad esempio il ritornello di "The Way I Am" o quello di Believe: "If you believe in me / life's not always what it seems / believe in me / 'couse I was made for chasing dreams" brr.. (comunque stupendo il video del singolo, con l'unico neo che vede un Lewis appesantito in modo quasi preoccupante).
La lista dei brani insufficienti purtroppo non finisce affatto qui: ci sono la noiossima "Save Me", che pare saper leggere l'invocazione mentale dell'ascoltatore, o pezzi come "Rainy Day Parade" e "Nothing Left To say", semplicemente piatti.
Sul piano strumentale segnalo una buona sezione ritmica in "The Way I Am" ed un buonissimo lavoro chitarristico in "Pardon Me", ma, per il resto, l'aspetto strumentale lascia spesso e volentieri spazio alla voce di Lewis.
Insomma, a conti fatti, siamo di fronte all'ennesimo lavoro di transizione per gli Staind, che di tornare agli ottimi livelli di "Break The Cycle" proprio non ne vogliono sapere; sicuramente ci sono dei brani anche notevoli, ma sono oscurati dalla presenza di fin troppi "tappabuchi". La conclusiva "Nothing Left To say", poi, lascia una spontanea, triste chiave di lettura: che gli Staind, dopo questo mediocre album, non abbiano davvero più niente da dire?
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