Dopo le visioni astrali e lisergiche di "2001: Odissea nello spazio", Stanley Kubrick torna sulla terra e s'immerge nell'inferno della violenza metropolitana.

Dal romanzo omonimo di Anthony Burgess (futuristico nel senso più alto termine) Kubrick trae una sorta di pamphlet antiutopico sul nostro futuro prossimo. Nel raccontare le vicende personali e collettive di Alex e dei suoi drughi (dediti alla violenza come ragione principale della propria esistenza, alla droga, all'alcol) Kubrick vuole rappresentare non solo il disagio, e l'orrore, di una generazione ma vuole soprattutto raccontare, senza falsi moralismi, il problema dell'essere liberi: cosa significa libertà? Poter fare e dire ciò che si vuole? E quali sono i limiti entro i quali la libertà puo' essere considerata davvero tale?

Alla sua uscita il film destò scandalo e polemiche. La violenza presente nell'opera è a tratti, ancor oggi, difficilmente sostenibile (memorabile, in tal senso, lo stupro effettuato canticchiando "Singin' in the rain") e certamente la forza emotiva del film nasce da diversi elementi, prima fra tutti l'intersizione visiva e sonora di alto e basso, di cultura popolare e cultura elitaria. Kubrick osa fin dove nessuno regista aveva mai osato (e nemmeno in futuro accadrà): la cultura alta si volgarizza, diventa oggetto di scherno e si piega ai voleri di quella bassa. Il Korova Milk Bar (luogo di ritrovo della gang di Alex) è un trionfo kitsch di pornografia e sesso a buon mercato, ma in sottofondo si sente Beethoven; la casa dell'amica dei gatti (dove si compie il primo stupro) è un gioiellino di futurismo quasi asimoviano; il linguaggio gergalizzato che si fa spesso quasi irrisorio (il cervello diventa "il gulliver", si tratta di un linguaggio declinato all'occidentale derivante al nadsat, uno slang artificiale inglese con influenze russe creato da Burgess); la sistematica distruzione della realtà (le continue accelerazioni, i ralenti, i grandangoli).

Anche se, forse, il discorso a cui Kubrick sembra voler dare maggior peso riguarda il concetto di potere e autorità. Nel momento in cui Alex viene punito da un'autorità altra (lo Stato) e costretto a visionare per giorni interi sequenze di violenza (con sottofondo beethoviano insistente) e obbligato, tramite speciale apparecchiatura, a non poter chiudere gli occhi (qualora lo facesse perderebbe la vista), non sta scontando una specie di condanna, ma sta aumentando il proprio senso di violenza. E quando utilizzerà questa carica di violenza in funzione "utile" allo Stato non verrà più considerato come un pazzo, ma come una persona gestibile ed integrata. Non c'è, sembra dirci Kubrick, un'unica violenza: c'è quella autorizzata da un ente più alto di noi al quale obbedire e nel quale poter veicolare tutte le proprie frustrazioni e c'è una violenza personale che, qualora non fosse inserita in un contesto più ampio, sarebbe considerata pura follia anarchica. L'anarchia nel mondo futurista, eppure così moderno, di "Arancia meccanica" non è contemplata: l'ordine, la disciplina, seppur caricata di una estrema violenza, è l'unica soluzione per potersi sentire utili alla causa. Evidenti, in tal modo, i richiami ai regimi totalitaristi (fascismo, nazismo, comunismo) riletti in chiave sarcastica (impossibile non notare i differenti piani di lettura presenti in tutto il film: dal dramma alla farsa, ci dice Kubrick, il passo è breve).

Al netto delle straordinarie interpretazioni di tutto il cast (con particolare elogio a Malcom McDowell, allucinato Alex passato alla storia), si tratta non solo del più controverso e discusso film di Kubrick, ma di uno dei più controversi e discussi film di tutti i tempi. Le implicazioni presenti nell'opera a molti sfuggirono e restò solo il senso di cruda violenza presente in tutti i 136' di durata: eppure il dilemma con cui Burgess raccontava la propria opera sembrano, a distanza di anni, essere rimasti del tutto intatti, "è più immorale togliere a un uomo la libertà imprigionandolo, o invece trasformarlo in un'arancia meccanica, in un robot?".

Carico i commenti... con calma