ZNORT.
"C'è più violenza oggi per le strade che in Ranxerox, questo è sicuro"
(Tanino Liberatore)

Ci sono momenti, esperienze e letture, nella vita di una persona, che la segnano profondamente nell'inconscio. La prima volta che ascoltai i Led Zeppelin o che lessi Kafka, ad esempio, non potrò mai dimenticarlo.
E lo stesso posso dire (con le dovute distanze) dell'impatto che subii con Ranxerox, il futuribile coattone-cyborg-frankenstein assemblato con pezzi di fotocopiatrici e valvole (da cui il nome che venne modificato dopo una querela da parte della nota azienda), ad opera del geniale Stefano Tamburini e dell'eclettico Tanino Liberatore (subentrato nel disegno all'incerto Tamburini con l'inizio degli anni '80).
Nato 2 anni prima su "Il Cannibale" passò successivamente a "Il Male" per approdare sulle pagine di "Frigidaire" per consacrarlo come vera e propria Icona del Fumetto Mondiale.

L'impatto emotivo di questo "stronzo coatto sintetico" che se ne fotteva di tutti i canoni etici e morali (in quanto robot) e che viveva alla giornata con una minorenne ninfomane (eroinomane, per giunta!) che si trombava impudemente in barba a tutti e tutto, fu uno shock abbastanza devastante per me.
Per me 15enne di buona famiglia abituato a letture "sane" e "schierate", piene di buoni che vincono e cattivi che (giustamente) perdono.
Di colpo la correttezza etica dei vari Ken Parker, Zagor, Corto Maltese ecc venivano spazzati via dalla brutalità gretta di questo personaggio privo di ogni morale e disposto a qualsiasi nefandezza pur di riuscire a sopravvivere alla giornata.

Giungeva in me quindi, l'idea che anche il Male avesse un suo perchè e il sacrosanto diritto ad avere un portavoce di pari dignità.

Un fumetto "greve", senza limiti, che portava con sé una carica erotica, eversiva e distruttiva, figlia del movimento punk (nato nello stesso periodo) ma che aveva, dalla sua parte e in contraltare, il dono della "leggerezza cazzona" dello spirito coatto, figlio legittimo di una Roma futuribile (e altamente improbabile) che ne smorzava i toni e ne rendeva tragicamente quotidiane le imprese. Memorabile, su tutte, la scena in cui, nella metropolitana, un'innocente zingaretta chiede a Ranxerox la carità e lui, senza motivo apparente e in tutta tranquillità le stritola la mano incuriosito poi dalle grida di dolore e dal sangue che sgorga dalle dita maciulte della malcapitata bimba.

Un figlio illegittimo, emarginato, zeppo di difetti e cattiveria, illogico e volgare come un bambino ribelle, offensivo e maledetto, skizoide e geniale. Un insieme di paradossi e violenza che, volenti o meno, conferiranno a questo personaggio un carisma e un fascino che raramente ci è concesso trovare OGGI, che in cui tutto il Paese sembra così "noiosamente appiattito" e incanalato verso dei binari di normalizzazione culturale che a pensarci mette solo i brividi.

Viene così da chiedersi: che farebbe e come reagirebbe un Ranxerox oggi, in questa società-spazzatura piena di veline-candidate e politici-pagliacci, dove i confini tra etica, morale, violenza e spettacolo sembrano definitivamente scardinati?

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