Mi ritrovo a recensire, a quasi due anni dall'uscita di "The Night Siren", l'ultima fatica di Steve Hackett, proprio nel giorno del suo 69° compleanno (auguri e lunga vita!) casualmente alla pari con il Festival di San Remo......e subito mi viene in mente una facile considerazione: la vena compositiva del nostro eroe è lungi dall'appannarsi! Sorte ben diversa da quella dei blasonatissimi ex compagni di Musica: Gabriel e Collins, meglio così, ne fossero rimasti altri Hackett in circolazione ed a questo livello! A proposito di "circolazione" Steve si troverà a primavera a circolare dalle nostre parti con quattro imperdibili date evocative del capolavoro assoluto: "Selling England by the Pound", probabilmente ancora con l'ottimo Nad Sylvan nei panni di Gabriel.

Ma veniamo a "At the Edge of Light" che riprende idealmente ed anche come sonorità il discorso iniziato con "The Night Siren", disco nel quale l'autore voleva far riflettere l'ascoltatore sulla direzione presa da questo nostro travagliato mondo, con particolare riferimento al disastro ambientale che si sta consumando ed i cui effetti più o meno evidenti si sono già manifestati, vedasi ad esempio gli argomenti di "El Nino". L'inizio purtroppo non lascia presagire nulla di buono permeato com'è da atmosfere incalzanti, pesanti e cupe, tuttavia lo sviluppo dell'album non sfocia in disperazione, al contrario e come l'emblematico titolo sottolinea, siamo: "Ai Confini della Luce", quindi una luce di speranza c'è: sta a noi seguirla vincendo le nostre paure e le dure prove della terza facciata. "Turn and face whatever you most fear" recita il quarto lato del vinile, quello cieco, quindi l'invito di Steve è quello di "voltar pagina ed affrontare ciò di cui abbiamo più paura" ed infatti il terzo lato esordisce con "Hungry Years" dai toni più rilassati e concilianti, per proseguire con la "Discesa" un bolero incalzante che prelude al "Conflitto" decisivo fra le forze buone e quelle ostili, brano decisamente arduo, in cui le note dell'autore, a mio parere, rendono in maniera impeccabile ciò che vogliono descrivere, con fasi pesanti alternate ad armonie soavi. La conclusione è felice e alla "Pace" lo stesso Steve ci accompagna col suo canto.

Musicalmente gli elementi salienti sono la sinfonicità complessiva di questo lavoro, assolutamente evidente in "Those Golden Wings": suite capolavoro che spero vivamente di sentire dal vivo ed il discreto utilizzo di elementi di World Music, prevalentemente del medio ed estremo oriente (notevole Sheema Makherjee al sitar), evidentemente cari sia a Steve al pari del suo ex compagno Peter, il tutto condito dall'indubbia classe chitarristica di Hackett in quella matrice progressive che a differenza degli altri Genesis lui non ha mai abbandonato. Si veda ad esempio un altro brano decisamente forte quale "Shadow and Flame", ma già evidentissimo fin dall'iniziale "Fallen Walls and Pedestals" o dalla successiva "Beasts in Our Time" con un prezioso taglio del sax tenore di Rob Towsend. Altrettanto interessante è il dialogo coristico in "Underground Railroad" fra l'autore e le sorelle McBroom.

Una curiosità in chiusura del primo lato è "Under the Eye of the Sun" che in diversi punti sembra un omaggio al massimo capolavoro degli Yes, "Tales from Topographic Oceans"; altra curiosità è rappresentata dal quarto lato cieco ed inciso in copia alla copertina dell'album, cosa decisamente inconsueta. Ovviamente, come ormai è prassi il lavoro di Hackett viene offerto anche in CD+DVA con masterizzazione in 5.1, io sinceramente ho preferito seguire la tradizione e a giudicare dalla qualità dell'incisione, non me ne sono affatto pentito.

In conclusione il nostro eroe dimostra una vena invidiabile e per quanto mi riguarda pienamente in linea con le attese, quanto al punteggio se con "The Night Siren" ho voluto un po' eccedere, qui preferisco recuperare il debito, anche se siamo pur sempre al di sopra delle 4 stelle. Ma son quasi certo che riascoltando l'opera mi pentirò per la prudenza. Buon ascolto.

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