Solitudine per inesperti.
Non credo che il titolo sia dovuto al fatto di questa epocale pandemia (certificata) o semplicemente da una forma depressiva comune a molti, un atteggiamento in bassa fedeltà ma caldo, come quelle poche cose calde che riescono a scaldare il cuore.
Steve Hartlett, oddio, lui è un amico per me.
Lo seguo dai tempi del primo disco degli Ovlov, anzi no, da prima: credo sia stato in un periodo non precisato a cavallo tra il 2012 e il 2013, o forse era la primavera del 2013 e quei singoli che anticipavano AM primo disco degli Ovlov mi avevano fatto male; The Great Alligator resta ancora una delle mie canzoni preferite dello scorso decennio.

Poi lo scioglimento, il taglio dei ponti.

Ma Steve non demorde e ritorna come Stove, un suo progetto solista che non si distaccava moltissimo dalla creatura precedente: forse più indie, meno caciara da wall-of-sound. Is Stupider del 2015, poi un altro paio d'EP più tranquilli, più sognanti e forse troppo poco catchy e troppo poco alternativi.
Due anni fa il ritorno in grande stile degli Ovlov con il loro secondo lavoro TRU, un disco davvero solenne e fuori dal tempo: i muraglioni fuzz e quella controversa somiglianza tra dei Dinosaur Jr più aggraziati e dei My Bloody Valentine con più core.
Ora siamo qui con nome e cognome, solo lui contro il mondo, approccio lo-fi e la solita emozione spezzata, un cantautore di una generazione che non è mai esistita e che probabilmente mai esisterà.


Trivia:
Io a Steve ho dedicato un pezzo QUI e successivamente pure una "cover" con la mia band QUI.

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