Un album che parte a razzo con i tre minuti viscerali di "Why": chitarre nervose, taglienti, ustionanti. Si prosegue nello stesso consistente modo per buona parte di "Melting in the Dark", quarto disco solista di Steve Wynn. Scordiamoci il limbido Rock Folk del precedente "Fluorescent".

Predomina l'oscurità; gli strumenti urlano, le ritmiche si addensano, i testi bruciano di vita. Disco più di stomaco che di testa; che più riavvicina Steve al sound sporco e scomposto dei primissimi Dream Syndicate.

Prima c'era Kendra Smith con lui; ora ci sono Thalia Zedek ed i Come a rinvigorire i fasti del passato. Ed il risultato è lo stesso.

Un wall of sound degno dei memorabili giorni del vino e delle rose. Straripanti omaggi ai Television, ai Velvet Underground, a Lou Reed.

Quarantacinque minuti da ascoltare in apnea, immersi in una serie di brani che tracimano forza, rabbia, rumore. Rimanendo a corto di ossigeno fino alla title track conclusiva: un lungo mantra acid-psichedelico saturo di frustate elettriche.

Eterno il mio amore musicale per il ragazzo di Los Angeles.

Ad Maiora.

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