25 anni fa, quando Internet e YouTube erano pura fantascienza, mi basavo essenzialmente sulla lettura di recensioni in quei pochi affidabili mensili musicali che ero solito acquistare. A volte la convinzione era tale da indurmi a prendere il disco a scatola chiusa, soluzione rischiosa ma quasi sempre vincente, in altri casi il destino mi faceva trovare l'occasione di ascolto pre-acquisto su un piatto d'argento.

Bastò un invito a cena da un'amica pugliese specializzata nella preparazione di orecchiette con cime di rapa da far resuscitare i morti: chiaramente io ero addetto alla musica, e rovistando tra le sue cassette venne fuori una C-90 con incisi solo sei pezzi. Qualcuno le aveva registrato QUIRK OUT, il Mini-Lp degli STUMP uscito da pochi mesi e del quale ricordavo benissimo un'entusiasmante review su Rockerilla. Al secondo brano i presenti alzarono bandiera bianca e si ripiegò subito su un più rassicurante nastro degli Smiths, ma a fine serata tornai a casa con il corpo del reato al quale non aggiunsi mai nulla e che per un bel pezzo divenne la colonna sonora del mio quotidiano a base di bici e Walkman, col tasto Rewind sempre pronto quando il sesto brano sfilava via. 

A quel punto sia Quirk Out che il precedente E.P. MUD ON A COLON divennero molto amici del mio giradischi. Ciò che mi aveva fortemente colpito della band era l'assoluta originalità del sound: una sezione ritmica pirotecnica trainata da un basso dai ghirigori stortissimi, e appoggiata da un drumming dai mille cambi quasi a volerne ancor più evidenziare la dissonanza. Un lavoro chitarristico estremamente versatile nel trovare sempre il riff giusto senza mai lesinare stridule distorsioni, unito a un magistrale uso dei samples per tracciare un Wall of Sound nel quale un vocalist ironico e ingegnoso sparge linee melodiche mai banali, da canticchiare e all'occorrenza urlare a squarciagola.

Il quartetto per un breve periodo sembra destinato a divenire una delle Big Things nel panorama indie londinese, il cantante MICK LYNCH e il batterista ROB McKAHEY sono solo due dei numerosi musicisti squatters irlandesi in cerca di fortuna, e la band trova inizialmente credito in questa comunità, al punto da ottenere un contratto con la ENSIGN, filiazione CHRYSALIS totally Irish, pronta a lanciare gente come SINEAD O' CONNOR nel firmamento pop.

Per le registrazioni del primo album vero e proprio viene concepita un'ideona: lavorare agli Hansa Studios di Berlino in compagnia di HOLGER HILLER, personaggio di culto della Neue Deutsche Welle e grande sperimentatore con i suoi PALAIS SCHAUMBURG. Fin dall'inizio la faccenda si rivela non priva di ostacoli. le aspettative sono tante e creano tensioni col produttore, nonostante l'alto livello delle composizioni e trovate di studio a go-go. Al ritorno i vertici della Ensign decidono di rivedere il tutto con un altro produttore, JOHN ROBIE, i rapporti si incrinano ulteriormente fino a creare dissapori anche all'interno del gruppo, fino al compromesso finale, l'arrivo dell'esperto HUGH JONES, già artefice di Quirk Out: col suo lavoro di Post-Production e remix salverà il disco da un totale disastro. 

A FIERCE PANCAKE esce finalmente nell'88 inoltrato e sprizza meraviglie e vitalità da tutti i pori, a iniziare dai due singoli: il disordine d'alto mare di CHAOS nelle perversioni del capitano fino a un rivoltoso ritornello corale dei marinai, MUTINY! MUTINY!, sprezzante rabbia in un ritmico turbinio, corredato da scricchiolanti samples a emulare l'ammutinamento anche legnoso dell' imbarcazione. Contrariamente, la presa in giro in chiave Country&Western del divo Hollywoodiano trascina CHARLTON HESTON in una sgangherata ballad tra il serio e il faceto. ( Da vedere entrambi i video su YouTube!!!).

Il resto dell'album non è da meno, confermando la mescola di Captain Beefheart, Brand X ed XTC, e producendo gioielli di  strange-pop a profusione: stranite strofe si alternano a ritornelli di inusuale e splendido estro melodico, nel caso di IN THE GREEN e nel sogno-incubo di ROLL THE BODIES OVER. La filastrocca lisergica di EAGER BEREAVER avra' fatto rizzare i pochi capelli di Andy Partridge, mentre cio' che non si rizza è la problematica Proto-Viagra del protagonista di DOCTOR (a Visit To The). Meritano ancora una citazione il Creepy-Progressive della Title Track, corredata da lugubri samples femminili e da una performance impressionante del bassista KEV HOPPER, sorta di PERCY JONES fuori di testa, fino a duettare col chitarrista CHRIS SALMON nei 100 mt. piani della BOGGY HOME, non a caso posta in chiusura, nel gioco a quattro di chi arriva prima.

L'unica colpa del quartetto è stata quella di non somigliare a nessun altro gruppo di quegli anni, potrei citare i CARDIACS come lontano termine di paragone, e che sopravvissero in quanto completamente indipendenti. Col mancato successo dell'album, gli Stump sparirono dopo aver fatto una sonora pernacchia a tutti, alla Ensign e alla O'Connor, ma anche alla Baggy Scene di Madchester e al movimento Shoegazing, a cui non vollero mai appartenere.

Tra i mille trasformismi del pop inglese degli '80, questi quattro matti sono stati gli unici TROUT MASK REPLICANTS

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