Quando la scena musicale mainstream sembra assopita spesso ci si dimentica di ciò che si diffonde nei circuiti alternativi. E' il 1999 i Subsonica riaffermano, dopo il disco omonimo d'esordio, ciò che all'estero avrebbe avuto una visibilità sicuramente maggiore. Attraverso arrangiamenti ben fatti ed innovativi, la band Torinese mescola musiche di stampo funk e dance, suoni a volte metallici a volti semplicemente tecnologici, voci distorte e campionamenti infondono una voglia di ballare ad ogni ritornello ma, allo stesso tempo, sono presenti testi a volte impegnati, a volte comunque pregni di significato, nei quali il gruppo torinese mostra una certa padronanza del lessico, un caso sempre più raro nella musica italiana.

La minitraccia "Buncia" anticipa la successiva "Sonde", che proietta nell'ascoltatore la sensazione di essere osservati da qualcosa di molto più grande, trovandosi momentaneamente dispersi. "Colpo di pistola" è un invito a reagire, autentico manifesto dello spirito "subsonico", una presa di posizione contro i soprusi di chi è stanco di subire, un proiettile da scagliare. "Aurora sogna" è una tecnologica danza quasi surreale sulla sottile linea fra l'essere umano e l'automa, sognando un futuro migliore che forse non esiste. "Lasciati", con i suoi suoni dolci e distorti, è una ballata di stampo elettronico per niente mielosa, in cui la consapevolezza della caducità dell'istante di fronte ad un'inevitabile avvenire si mescola con la malinconia. In "Tutti i miei sbagli, canzone che li ha catapultati in diretta televisiva sul palco più discusso d'Italia ed in vetta all'airplay radiofonico, l' arrangiamento Sanremese non prende mai il sopravvento sullo spirito del gruppo, ma avanza di pari passo, andando a comporre un acido rimpianto. "Liberi tutti", eseguita con Daniele Silvestri, è un grido, un invito a non fare il gioco della massa, ad uscire dalla quotidiana mediocrità, in una sorta di nascondino intellettuale in cui si viene sempre più omologati, il tutto su di un vorticoso ritmo dancefloor. "Strade", armonica e posata, è uno dei pochi momenti leggeri del disco, con un incalzante groove funk supportato dalla liquida e sinuosa chitarra di Casacci.

Ma non c'è tregua, le tastiere introducono "Discolabirinto", brano in cui la voce di Samuel si confonde con quella di Morgan, dipingendo atmosfere claustrofobiche ma allo stesso tempo liberatorie, un' immaginaria discoteca "grande un centinaio dalla quale non si possa uscire". "Il mio dj", pulsante di vita, in cui viene dipinta la tipica vita di un DJ immerso nel suo lavoro, grazie anche all'apporto di Claudio Coccoluto, contribuisce a dare l'impronta più dance. "Il cielo su torino" tratteggia un capoluogo lombardo dal cielo plumbeo, confuso nella nebbia, in un ennesimo connubio fra due opposti: l'amore e l'odio per questa metropoli. Di qui i Subsonica sconvolgono il lessico usuale dei brani: la delirante e psichedelica "Depre", cronaca di una discesa (o di un volo?) nella depressione, presenta le strofe composte esclusivamente dalla ripetizione dei nomi degli antidepressivi più noti, mentre "Perfezione" utilizza un registro strettamente chimico. "Albe meccaniche", è un risveglio nel torpore di una fredda e nebbiosa monotonia prima dell'esplosione della consapevolezza che "nell'amara litania delle solite cose ci si può morire sai".

Il disco, come suggerisce il titolo, è un microchip emozionale, in cui si confondono equamente la tecnologia ed i sentimenti, la musica ed i testi, lo spirito più alternativo e quello intimo. Una medicina per non farsi intrappolare negli schemi troppo canonici della vita e della musica pop attuale, composta egregiamente dai Subsonica.

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