Senti parlare di "lipstick traces" e "lemonade" nella stessa strofa, e possono venirti in mente solo loro.

A distanza di undici anni da un disco onesto ma interlocutorio come "A New Morning", i Suede partono di nuovo alla carica e si ripresentano al mondo con un nuovo tour, e soprattutto un disco di inediti nuovo di zecca, battezzato "Bloodsports". La formazione della band britannica è la stessa dell'era "Coming Up"/ "Head Music": rientra quindi il tastierista Neil Codling, e si prende persino la briga di co-firmare buona parte del nuovo lavoro assieme all'imprescindibile e carismatico frontman Brett Anderson. E, dulcis in fundo, viene richiamato al banco della produzione anche Ed Buller, fondamentale produttore al lavoro sui primi tre magistrali dischi della formazione albionica, che, come prima mossa, impone alla band di scartare quasi tutti i pezzi della prima "infornata" (peraltro già presentati dal vivo in alcuni live nel 2011).

A parte questa manciata di splendide notizie, gli interrogativi su un nuovo disco di inediti erano tanti: lo stato di forma della band, innanzitutto, viste le scialbe prove soliste del leader Anderson (escluso forse un buon dischetto come "Slow Attack", comunque lontanissimo dalla splendide cose fatte in passato alla casa madre), e poi un certo calo creativo accennato nel succitato disco del 2002, che sembrava anticamera di un prematuro declino artistico.

Niente di più sbagliato: "Bloodsports" è un grande disco. Descritto in maniera enfatica (ma piuttosto azzeccata), dallo stesso Anderson, come un incrocio tra "Dog Man Star" e "Coming Up", certo non è un lavoro moderno, ma comunque fresco, avvolgente, convincente. Attinge a piene mani nel ricco bagaglio del passato della band, senza cadere nella volgare autocitazione (si può forse cogliere qualcosina del genere nell'incipit di "Hit Me", cavalcata britpop che sembra un sequel diretto della vecchia "Trash", ma poco più), ripresenta un Anderson deciso a chiarire la sua posizione di uno tra i migliori frontman britannici viventi, e, sopra ogni cosa, ci ripropone un Richard Oakes sì sovrappeso, ma in forma incredibilmente risplendente, intento a riprendere in mano la lezione lasciatagli dal predecessore Bernard Butler senza dimenticare di aggiungerci tanto, tantissimo del suo.

E dire che i due pezzi che hanno anticipato l'opera ci avevano, come dire, avvisati: "Barriers", che apre anche il disco, spiazza inizialmente con un incedere alla U2 per poi virare, nel magnifico refrain, in territori marchiati a fuoco Suede. "It Starts And Ends With You" è il singolo perfetto: non possiede la carica selvaggia di vecchie perle come "Beautiful Ones" o "Animal Nitrate", ma incastra alla perfezione il grandissimo lavoro alla sei corde di Oakes al solito lirismo sofferto, teatrale e carico di pathos del buon Brett.

Il resto dell'offerta rimane più o meno sulla stessa falsariga qualitativa, e qua e là, nonostante i pezzi siano solo dieci (vivaddio, sempre più artisti hanno capito l'inutilità dei fillers), troviamo qualche tentativo di rinnovamento (molto meno marcato, comunque, rispetto alle due precedenti opere), come in "Sabotage" (echi dei penultimi Editors) e "For The Strangers", che prova a plasmare un pezzo dall'incedere tipicamente suediano portandolo ad una frubilità più lineare e meno melodrammatica, senza perdere un oncia di incisività e piacevolezza.

"Snowblind", piazzata subito dopo l'opener, è un buono spot per il sound dell'intero album; "Sometimes I Feel I'll Float Away" rallenta il discorso, dando modo ad Anderson di esprimersi in maniera più adeguata alle sue capacità espressive. Ne esce fuori un pezzo memorabile, che potrebbe essere contenuto, senza sfigurare, in una qualsiasi prova precedente del gruppo. Bello, anche se leggermente invadente, il lavoro alle chitarre di Oakes prima del gran finale. "What Are You Not Telling Me?", con la sua struttura scarna ed essenziale, è una preziosissima perla più vicina alle prove soliste del leader quarantacinquenne, mentre "Always" e "Faultlines" (la prima poggia su di una struttura musicale più complessa, la seconda su un Anderson per l'ennesima volta stellare) chiudono alla grande il discorso.

I Suede, alle prese con un nuovo inizio, non sbagliano quindi (quasi) nulla. Sale la curiosità su cosa riusciranno a fare da questo punto in poi: rinascita o fiammata solitaria, l'unica cosa certa è che sono riusciti a regalarci un signor album. Bentornati.

Pezzo migliore: Why Are You Not Telling Me?

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