Come definire un artista come Sun Ra? È possibile etichettare la sua multiforme personalità, per molti ai limiti della follia? Domande senza dubbio dalle difficilissime risposte.

Robert L. Campbell (questo il suo vero nome) rappresenta ancor'oggi una delle più grandi incognite della storia della musica, a partire dal look mistico ed ultra-terreno. Attivo fin dai primissimi anni '50 con l'aperto scopo di rinnovare un genere musicale, il Jazz, che agli inizi del nuovo decennio cominciava a sapere di stantìo, il nostro comincia a proporre agli incauti ascoltatori un arguto mix di musica concreta, sperimentazioni avanguardistiche, Free-Jazz scatenato e stranianti intermezzi elettro-acustici, che troverà in "Atlantis", nel 1967, il suo primo e reale compimento. Con il passaggio agli anni '70, la sua produzione si fa più obliqua: parzialmente accantonata la frenesia da Avangarde Big Band, La Solar-Myth Arkestra ed il suo leader spingono maggiormente l'acceleratore sull'Elettronica e l'utilizzo sghembo e pionieristico di Moog e sintetizzatori. Il secondo volume di "The Solar-Myth Approach", pubblicato nel 1971 poco dopo il suo omonimo predecessore, è forse la più palese esemplificazione di questo cambio di rotta, un gioiello senza tempo pronto a proiettare Sun Ra nella leggenda, tra gli artisti-culto del secolo appena terminato. Nove tracce per quarantadue minuti di (non) musica dunque, ma sufficienti a svelare tutto il fascino di un artista che non ha mai avuto paura di sorprendere, andando oltre e riscrivendo a suo piacimento i canoni della Black Music. Si parte con "The Utter Nots", primo momento esplicitamente caotico e cacofonico dell'intero lavoro, un tripudio di batterie frenetiche, chitarre scordate, sax e trombe inpazziti, dall'impatto tremendo e spiazzante. Da qui in poi ci si imbatte nel coretto di ubriachi di "Other Spaceways, Inc. ", con tanto di sottofondo Minimal a base di basso pulsante e chitarra, per poi proseguire con le partiture impazzite e gli stonati assoli di Moog di "Take 1, Scene 1" ed il misterioso clavicembalo di "Pyramids", quasi un oscuro rinvio a tempi e mondi lontanissimi. Con "Interpretation" è il lato di Sun Ra più vicino alla musica concreta a farsi spazio: timpani, strumenti a corda esotici e non, rumorismi striduli ed elettrici vicini allo Iannis Xenakis di "Persepolis" si riuniscono in un mix ipnotico e sospeso, che non sfocia mai nel caos totale e che lascia incollati alle casse dello stereo per la sua intera durata. Tutto finito? Altrochè, c'è ancora spazio per il contrabbasso pulsante e le atmosfere mistiche e stranamente regolari di "Ancient Ethiopia", che farà la felicità di DJ, produttori e maniaci del crate diggin', per poi giungere all'attesa e liberatoria catarsi di "Strange Worlds", dove percussioni tribali, improvvisazioni scatenate, assurdi "solos" e strane suggestioni coltraneiane vengono mescolate in un calderone folle e affascinante al contempo, arricchito da voci che scandiscono in maniera ossessiva la frase "We live in Strange Worlds!", per un risultato onirico, vicinissimo alla trance spirituale.

Questo è Sun Ra, insomma, prendere o lasciare: c'è chi lo ha considerato fin da subito un genio assoluto, chi un alieno, chi un pazzo da internare prima possibile. In ogni caso, "The Solar-Myth Approach (Vol. 2)" resta un disco imprescindibile per conoscere il suo strano mondo, e chissà che anche i più scettici non riescano ad apprezzarlo, e ad appassionarsi alle sue storie surreali a base di dinastie antichissime, strani oggetti volanti e universi sconosciuti...

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