Quando si parla degli artisti jazz migliori/piú influenti vengono citati dagli appassionati molti nomi: in primis Miles Davis e John Coltrane con grande distacco, ma anche Ornette Coleman, Charles Mingus, Thelonious Monk... Invece un nome che viene spesso (ed ingiustamente) dimenticato e snobbato é quello di Sun Ra, figura fondamentale per il free (secondo per taluni solo a Coleman) nonché una delle personalitá piú peculiari ed interessanti del jazz, ma anche del, giá di per sé molto variopinto, mondo musicale in toto.

Certo c´é da dire che anche il soggetto in questione, al secolo Herman Poole Blount (cambió poi nome in Le Sony'r Ra dal 1952) ci mise del suo per non farsi prendere troppo sul serio, diventando in breve una delle figure piú controverse (chi lo considera un genio, chi un esaltato) della scena. Infatti a un certo punto della carriera (iniziata all´insegna di sonoritá piú tradizionali come lo swing e il be-bop) il nostro fece suo uno stile di vita che si puó definire „eccentrico“. Inizió infatti a vestirsi vistosamente, alla maniera degli antichi egizi e a proclamare di non essere umano, bensí un angelo proveniente da Saturno; inoltre sviluppó una sua personale filosofia, che mischiava pensieri personali e tradizioni mistiche di varia natura con il cosmo (come giá si evince dal nome scelto: Sun = sole; Ra = divinitá egizia rappresentante il suddetto).

Ebbene esattamente cosí suona anche la musica proposta dal nostro (che conió mi pare di ricordare, o fu la critica? vabbé fatto sta che qualcuno battezzó il suo stile come cosmic free-jazz), ovvero un calidoscopio di free-jazz, immerso in atmosfere mistico-cosmiche e aperto alle piú varie influenze etniche (varietá che si riflette anche nell´uso degli strumenti). Quindi sebbene si faccia fatica ad ignorare l´aspetto folkloristico del nostro, sarebbe ingiusto (innanzitutto verso noi stessi che priveremmo le nostre orecchie dalla gioia di ascoltare un grande musicista), ridurre la sua carriera al mero aspetto estetico; trattasi anzi di un musicista da molti enormemente sottovalutato, che tra l´altro fu tra i primi ad introdurre ed utilizzare pesantemente i sinteizzatori nel jazz (suonava piano, organo e, appunto, sintetizzatori), con una delle proposte musicali piú liberi, interessanti e personali che mi sia capitato di sentire.

Sebbene appartenente alla fase tarda della sua carriera "Space is the place" rappresenta un ottimo album per cominciare a conoscere questo artista, in quanto propone un buon sunto della carriera del nostro, mettendo a luce le sue varie sfacettature e presentando sia brani piú canonici e lineari che momenti puramente siderali, presentando quindi un ottimo compromesso tra sperimentazione ed accessbilitá. Inoltre, cosa ancor piú rilevante é davvero un gran bel ciddí!

Ps: ho controllato e il nome cosmic free-jazz deve essergli stato appioppato da qualche critico perché lui stesso non amava definire la propria muscia come free (in quanto anzi ogni singola nota andava attentemente ponderata), ma come phre music (=musica del sole).

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