È veramente una stagione difficile, per me, l’autunno.

Il primo freddo che ti penetra dentro, la luce del giorno che inizia ad affievolirsi ed a diminuire drasticamente le sue ore… certo i colori fuori cominciano ad essere bellissimi, ma allo stesso tempo malinconici per cui sempre più ti rifugi all’interno di quattro mura e cerchi calore e conforto in tutto ciò che ti circonda. Anche la musica, in autunno, diventa un luogo di rifugio ed una ricerca di calore e ristoro. Il primo freddo è arrivato prepotente, in ritardo sulla sua solita tabella di marcia, ma è arrivato improvvisamente, gradasso ed io colto di sorpresa (nonostante le tante primavere…) mi sono trovato perso e senza idee sul come affrontarlo. Mi ha un po’ spaventato l’annuncio dell’arrivo dell’ennesimo inverno, perché non mi ero ancora preparato e se il fisico lo proteggi scegliendo semplicemente il capo adatto dall’armadio, per la mente è una cosa sempre difficile, ancor più difficile con il passare degli anni… ho scorso tutti i miei scaffali in cerca di un vinile o anche un cd che mi aiutasse, ho passato in rassegna le coste delle copertine, faticosamente strabuzzando gli occhi per leggere quelle scritte che diventano sempre più piccole, ho spostato “muri” di custodie di compact discs, affannosamente e velocemente… ma, niente. Come spesso accade, quando ormai le speranze si stanno dissolvendo, ecco che appare, in mezzo ad una fila variopinta, una costina bianca, candida, immacolata. Resto un attimo interdetto, cercando invano di farmi tornare alla mente cosa potesse essere, non volevo estrarlo, un po’ per sfida con la mia memoria sempre più labile ed un po’ per il timore dell’ennesima delusione. Alla fine, arreso alla nebbia dei miei ricordi, estraggo il disco. Lo stupore dentro i miei occhi illumina la stanza, dal foro rotondo al centro della copertina appare l’etichetta bianca del disco con la scritta “Test Pressing from Speciality Records Corporation” ed una serie di scritte con la macchina da scrivere… Title “Superstar” Artist “Superstar”. “Minchia, e questi chi sono…” istantaneamente partorisce il mio cervello. Il buio cala nella stanza e probabilmente nei miei occhi, mentre le mie gambe mi stavano già autonomamente portando verso il giradischi. Niente, niente ed ancora niente… eppure se ce l’ho è perché devo averlo comprato o ricevuto o trovato… basta!

Sollevo il coperchio, ripongo il disco sul piatto, cercando in controluce le indicazioni nel trail-off su quale sia il lato A, alzo il braccio, spingo start ed appoggio la puntina; e dopo qualche lieve crack parte “Amouricity” e d’un tratto tutto ritorna gioioso nella mia mente, come una cascata di colori che forma un magnifico arcobaleno. I Superstar sono stati sicuramente la più grande band di (power)pop ingiustamente dimenticata dalla storia (e colpevolmente anche da me), il perfetto anello di congiunzione fra le ruvidezze degli amici/rivali Teenage Fanclub ed il suono morbido ed ovattato di Belle And Sebastian… guarda caso entrambi concittadini della band di Joe McAllinden. Non un solo tassello è fuori posto, non una sola nota sprecata, non una sola armonia superflua o superficiale, non una sola melodia è scontata. “Feels Like Forever” è senza paura di smentita il brano che Alex Chilton ed Andy Bell hanno cercato invano per tutto il tempo che hanno trascorso insieme nei Big Star un vero capolavoro pop, “Don’t Wanna Die” inizia come l’accompagnamento musicale di una vecchia fiaba Disney, ma improvvisamente la splendida voce di Joe entra calda e morbida ed il pezzo incomincia a crescere, a prendere forma, regalandoci uno splendido brano, come neanche il miglior Bacharach alle prese con una conversione all’indie avrebbe potuto e contro il quale i sopraccitati Belle And Sebastian si sono confrontati e scontrati per tutta la loro carriera, uscendone “ahi-loro” sconfitti. Non manca un tuffo nella migliore tradizione melodica britannica, tanto che “Let’s Get Lost” sembra un inedito del baronetto McCartney dei primi settanta eseguito da un ispiratissimo Elton John nel suo periodo migliore; così come la sgangheratezza dei Dinosaur Jr. è qui alle prese con il manierismo dei R.E.M. in “Barfly” o l’etereicità degli ultimi Jesus And Mary Chain è ulteriormente ammorbidita in “Though For The Day”. Non manca nemmeno un “omaggio” ai Cheap Trick di Robin Zander in “Will I Never See You” o forse basterebbe citare la presenza dei Love di “Forever Changes” lungo tutto il percorso di questo omonimo dei Superstar. Era il 1994 e probabilmente McAllinden e soci erano un paio d’anni in anticipo per la rinascita del pop oppure semplicemente alcuni in ritardo per entrare a pieno diritto nell’olimpo dell’indie-pop, posto che gli spettava (e tuttora spetta loro) di diritto… e se ancora non siete soddisfatti, chiudo citando “Could It Be You”, gli otto minuti finali dove il quartetto di Glasgow passa in rassegna tutta spettro compositivo del miglior indie-pop.

Wow, penso, mentre ripongo il disco nella sua busta. Guardo fuori dalla finestra e d’un tratto il freddo non mi spaventa più, ho trovato la perfetta “medicina” per affrontare il freddo ed il rigore che presto si abbatteranno sui miei pensieri… ah e se non credete a me, pensate che l’esordio dei Superstar è stato fortemente voluto, nel 1992, da quel genio di Alan McGee per la sua Creation.

Carico i commenti... con calma