Il vero banco di prova è la distanza.

La distanza crea oggettività. Inibisce sensi secondari, non quelli funzionali ad apprezzare un lavoro.

Antefatto: se mi si chiede di dare voce a quello che per me è il pop perfetto o, meglio ancora, di dare voce alla mera essenza del pop, dico Tears For Fears.

Spiegazione: non sono un fan.

La superficie della mia considerazione è racchiusa in uno a caso dei loro brani radiofonici. Dai, ne conoscete, ne sapete più di me. La profondità sta in ‘Listen’ (Songs From The Bic Chair).

Quando Gary Jules, nel 2004, a ridosso di ‘Donnie Darko’, riprese ‘Mad World’, contribuì a lacerare questa (mia) certezza al solo fine di rafforzarla.

Tanto che, ho pensato: superficiale sarebbe piazzare in questa recensione un loro album a caso. Pomposo e paraculo virare su un Greatest Hits, e ne hanno pubblicati a tonnellate.

Per cui: andate dai figli, e dite loro: questa è la carezza di Curt e Roland. E’ una carezza dorata, datata, misera se vogliamo. Di una miseria irrecuperabile, in quanto: i due hanno fatto pace, nei primi 2000, hanno messo fuori un album, carino dai, così come carini sono i lavori solisti – non –solisti di Roland (che ha mantenuto il marchio per una paio di lavori per poi darsi alla macchia). Ma non è la stessa cosa.

Ci restano tre album, che muoiono stupendamente in ‘Laid So Low’, l’inedito proposto nel 1992 con la prima raccolta.

Chi ama il gruppo in modo viscerale, ha trovato ristoro nella reunion. I due hanno accantonato ogni dissapore, ogni dolore, offrono sprazzi di vita.

Vero, solo un nuovo album all’attivo, ma tanti concerti, tante idee, tante performance.

Ma qualcuno doveva pur farlo. Nel senso: dare al duo la stella, il testimone che non passeranno mai, perché indietro non si torna, anzi, il passato non torna, e se torna lo fa goffamente, o alla peggio distrattamente.

I Tears For Fears sono stati il pop contemporaneo, il pop anni ’80, la definizione garbata, pulita, essenziale di un solco tracciato con forza immane.

Vi sfido: potrete detestare i bellocci patinati, sprecare paragoni mortificanti con pagliacci di varia estrazione, mettere sotto la lente il fallimento di falsi profeti, ma con i Tears For Fears sentirete sempre il bisogno di anteporre una riflessione, silenziosa. Che se si fa ricerca, non può che arricchire.

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