Il primo romanzo scritto da Ted White e riguardante Bob Tanner (quello che lo stesso Ted White definisce 'il ciclo di Bob Tanner' e comunque sostanzialmente composto da soli due romanzi) fu pubblicato in Italia da Urania nel 1979 con il titolo, 'Nato d'uomo e di macchina'. Il titolo originale è 'Android Avenger' e veniva pubblicato negli USA nel 1965. Si trattava di un romanzo molto sperimentale e che ho sempre considerato come in questo senso riuscito a metà. Questo perché se da una parte è impossibile non considerarne la ricchezza di contenuti e anche innovativi per il suo tempo, siamo appunto nel 1965, perché anticipava del resto temi che sarebbero stati poi più tardi divenuti centrali nel genere cyberpunk oltre che dei contenuti di tipo distopico sicuramente particolari per gli anni sessanta; dall'altra è innegabile che lo sviluppo della trama si rivelava in larga parte lacunoso circa una moltitudine di aspetti e forse anche a causa di una traduzione sommaria e quelli che possono essere stati dei tagli (cosa non rara a suo tempo) relativamente l'opera originale. Intervistai lo stesso gentilissimo e disponibilissimo Ted White al riguardo, ma egli stesso dovette ammettere di non sapere molto delle versioni tradotte dele sue opere, anche se allo stesso tempo mi confermò la sua vicinanza e amicizia personale con William Gibson, John Shirley e specialmente Philip K. Dick, che considera allo stesso tempo quello che è stato un amico e una fonte di ispirazione.

C'era insomma forse troppa carne a cuocere in questo romanzo e alcuni aspetti non venivano infine chiariti e in particolare pure circa la stessa natura dell'androide Bob Tanner, un antieroe metà uomo e metà macchina chiamato per le sue speciali caratteristiche a essere per forza di cose una specie di messia, una figura che deve 'risolvere' in un contesto sociale, quello della New York dell'anno 2017 (praticamente domani), così come viene descritta con grande maestria e ricchezza di particolari dalla mente dell'autore. Una società fururistica che è compromesso tra le spinte più visionarie della sua epoca e ragionamenti fatti di logica e fondati sul buon senso invece che su speculazioni particolari di tipo intellettuale. Un approccio che potrebbe rimandare alle teorie dell'architetto italiano Paolo Soleri relativamente la 'città possibile' e le arcologie e dove invece di macchine volanti, grattacieli giganteschi e mega-complessi, troviamo strade mobili e reti infinite di linee metropolitane all'avanguardia, che si intrecciano tra di loro in un funzionale dedalo suburbano.

In questa realtà si muoveva Bob Tanner nel 2017 che immaginava Ted White (tra le altre cose grande appassionato di musica progressive e art-rock italiano in genere e critico musicale radiofonico e su carta stampata con l'alias di Dr. Progresso), autore nato nel 1938 e che appassionatosi alla fantascienza sin da giovanissimo, conosce il genere da quella che si può considerare ogni angolazione possibile. Anticipatore in un certo senso per quello che sarà poi negli anni lo sviluppo delle fanzine di genere, vincerà nel 1968 il Premio Hugo proprio nella categoria 'Best Fan Writer', non ha mai abbandonato la fantascienza né mai rinunciato a un contatto diretto con gli autori e gli appassionati (è allo stesso tempo tutte e due le cose) e neppure quando alle fanzine si sono sostituite le webzine, in una immediata corrispondenza che forse ha ridato una nuova linfa a un genere, quello fantascientifico, che oggi non sembrerebbe poi interessare a tanti. Non è comunque forse casuale se l'ultimo grande successo sia stato proprio 'The Martian' di Andy Weir, un romanzo nato e concepito per essere pubblicato (così è stato in principio) e diffuso sul web, prima di diventare un vero e proprio caso letterario e più tardi un milionario blockbuster hollywoodiano e diretto da un grande regista come Sir Ridley Scott e interpretrato da quello che è ormai il più popolare attore nel genere, Matt Damon. Un romanzo comunque che si caratterizza per essere particolarmente dettagliato sul piano tecnico e che forse in questo senso lascia immaginare a quello che è un approccio nuovo e molto 'tenico' alla materia fantascientifica, come se si pretendesse oggi di dare a questa un contenuto necessariamente realistico. Se questo diventerà un vero e proprio trend, tuttavia, è troppo presto per saperlo e ci toccherà aspettare e vivere il tempo presente-prossimo futuro per saperlo. Però è vero che al giorno d'oggi scrivere diventa un esercizio difficile per molti nuovi giovani autori, dove il processo di critica è amplificato da Internet e spesso proprio volto a sottolineare imprecisioni e dettagli di natura tecnica, che del resto da estimatore del genere posso, ritengo benissimo non necessari al fine della realizzione di una buona opera di fantascienza. Che non deve infatti essere per forza tecnica, specifica, documentata per essere tale.

Bob Tanner invece questa volta, nel secondo romanzo della serie, che Urania volle denominare semplicemente come, 'La seconda missione di Bob Tanner' (titolo originale: 'The Spawn of Death Machine') si risveglia, letteralmente, centinaia di anni dopo gli avvenimenti della New York del 2017 e in un mondo che è radicalmente differente da quello che conosceva e da quello che conosciamo noi oggi e che è stato completamente devastato da una serie di indefiniti sconvolgimenti definiti generalmente come 'Caos' e che hanno comportato radicali mutamenti nel continente nordamericano e in quelli che una volta erano gli Stati Uniti d'America.

Destatosi nel mezzo di quella che una volta era proprio la città di New York e che oggi è invece un cumulo di rovine e abitato da gente regredita allo stato primitivo e di barbarie, che pratica il cannibalismo e organizzata in strutture sociali arcaiche dove vale solo la legge del più forte e in piccoli gruppi, Bob Tanner non ricorda nulla della sua storia passata, salvo quelli che sono degli improvvisi flash-back, una specie di visioni tra l'onirico e quelle che possono essere delle fugaci schermate oleografiche (ammesso che per un androide vi possa essere differenza tra le due cose), e non ha una missione precisa e ben definita. Tutto quello che gli è stato detto al momento del suo risveglio è stato che deve compiere un viaggio nel quale raccogliere il maggior numero di informazioni possibili su quello che è lo stato attuale del genere umano.

Di nuovo assorto al ruolo di quello che è per forza un 'deux ex machina', in virtù non solo questa volta delle sue speciali caratteristiche in qualità di androide, ma anche perché custode nel fondo della propria memoria di quelli che furono gli avvenimenti dimenticati della storia passata, Bob Tanner compirà un viaggio da est verso ovest in un ideale remaking di quanto fatto dagli antichi pionieri americani e incontrando di volta in volta strutture sociali che sono diverse tra loro, ma che costituiscono ognuna a modo suo o una degenerazione di quella che è (era) la società americana degli anni sessanta o che in altri casi costituiscono una parodistica esagerazione e estremizzazione di quelli che erano conflitti sociali tipici di quegli anni (e in qualche modo ancora irrisolti ancora oggi) come ad esempio la discriminazione razziale. Ted White del resto scrive questo romanzo nel 1968, lo stesso anno in cui veniva ucciso Martin Luther King. E quello dell'uccisione di Bob Kennedy. Se gli anni sessanta furono e sono stati da molti considerati anni di grande cambiamento, questi furono allo stesso tempo e in modo particolare nel corso di quell'anno, anche un periodo in cui il mondo della cultura e dell'arte, quindi la fantascienza furono chiamati a interrogarsi su quale futuro il mondo (e il mondo occidentale, gli Stati Uniti d'America in particolare in questo) stesse effettivamente andando.

Ted White disegna probabilmente in questo caso il peggiore futuro possibile, giungendo alla conclusione (che già maturava del resto nel 1965, quando scrisse il primo romanzo della serie) che la società che conosceva fosse destinata a terminare e così in qualche modo la stessa storia dell'uomo, che a questo punto era destinata a fare un clamoroso balzo all'indietro nel tempo, arrestando quello che fino alla metà degli anni sessanta del secolo scorso era invece stato un cammino verso un progresso che si voleva immaginare invece illuminato e possibilmente risolutivo di tutte quelle che sono state le storiche problematiche sociali e individuali del genere umano.

Scrivo queste righe alla vigilia dell'anno nuovo 2017 e qualche giorno dopo aver finito la lettura del romanzo. Non lo faccio deliberatamente, considero su questo fatto solo ora e avrei scritto questa pagina già qualche giorno fa e all'indomani della lettura del romanzo, ma impegni di natura lavorativa me lo hanno impedito. Eppure questi giorni mi sono serviti a riconsiderare in chiave positiva e maggiormente riflessiva i contenuti di quello che è solo apparentemente un semplice (ma avvincente) romanzo di avventura ambientato in un contesto fantascientifico. Al di là dell'anticipare anche in questo caso contenuti per quello che riguarda i cosiddetti romanzi di ambientazione post-apocalittica che saranno poi ripresi da autori del genere (ben più celebrati dello stesso Ted White) e con vario successo, in quella che è la ricerca prima di informazioni sullo stato dell'essere umano all'indomani del 'Caos' e poi di soluzioni, sempre alla ricerca della stessa determinazione di se stesso e indipendenza dal proprio stato di 'schiavitù' perché uomo-macchina, androide, Ted White farà ritrovare proprio a Bob Tanner e nella sua umanità, nel suo lato emozionale e umano invece che nelle sue potenzialità come super-uomo e dotato di poteri speciali, quella forza e quella spinta che sono evidentemente necessari all'essere umano per ritrovare se stesso e superare ogni possibile stato di crisi e riorganizzarsi, essere di nuovo, riscoprirsi un animale sociale e dotato di sentimenti; volendo quindi ricercare nella soluzione dei dubbi interiori, persino amletici, di Bob Tanner e di quella che è effettivamente la sua natura, una metafora di quelli che sono i contrasti sociali e culturali del nostro tempo.

Secondo Ted White (che in questa opera si riscatta pienamente per quella che poteva essere l'insufficienza nel trattare alcuni contenuti nel corso del primo romanzo della serie) ma pure considerando la nostra società dove l'utilizzo delle macchine è in aumento e in cui a fronte dello spavento, rivendico invece quella che è sempre la centralità dell'essere umano nei processi di produzione e di creazione a tutti ilivelli, è ancora una volta l'uomo a vincere sulla macchina. La vittoria di quel complesso fatto di emozioni e allo stesso tempo anche di intuizioni primitive, innate nella struttura umana su un tecnicismo a volte esasperato e che comunque non può prescindere dalla componente umana per funzionare. Così è.

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