Lost Psychedelic Nuggets – vol.I

 

“Prima di una (spero) lunga serie di recensioni riguardanti piccole opere psichedeliche di band poco conosciute o album minori di band importanti, dai ’60 a fine millennio.”

Esponenti della piccola corrente di revival psichedelico denominata (con la solita mostruosa fantasia della critica) “Psychedelphia”, attiva in quel di Philadelphia a fine ’90 per mano di Lilys, Bardo Pond in parte, Azusa Plane e Mazarin fra gli altri, gli Asteroid #4 dettero alla luce questo piccolo gioiello psichedelico nel ’98, fra l’indifferenza generale della critica. Era l’anno di "Moon Safari", "Mezzanine" e Acme, giusto per citare tre nomi a caso; logico e quasi comprensibile quindi l’aver sorvolato sull’opera prima di questi 4 ragazzi, devoti cultori tanto della psichedelia 60’s quanto delle visioni acido sintetiche degli ’80 (fra Spacemen 3 e il sunshine pop degli La’s). Dimenticanza a cui si può e si dovrebbe rimediare anche grazie alla riedizione in vinile (il supporto eletto per tale musica) del 2008.

Opera quasi presuntuosa nel suo voler coprire uno spettro psichedelico decisamente ampio, spaziante dalla melodia popsyke di matrice Beatles/Kinks, passando per le visioni acide del primo Julian Cope, fino ai mantra per neuroni Rileyani. Emblematici in tal senso i primi due brani: “Onizuka” ottunde subito i sensi, trascinandoci in un ipnotico (ma breve) viaggio spaziale grazie ad echi di drone music; “The Admirals Address” dalla battuta bassa (trip hop verrebbe da dire, se non fosse tutta suonata) con andamento salmodiante e mantrico finale chitarristico.

Il versante più pop della loro idea di psichedelia sembra un incrocio codeinico fra i Beatles indiani, i primi Galaxie 500 e i Dukes Of Stratosphear (“Golden Girl Of Spain”, “What A Sorry Way To Go”, “Honey Bee”), ma sono i momenti in cui l’immaginazione è lasciata libera di vagare, i migliori. Come nel finale mesmerico allungato a dismisura di “Egyptians & Druids”, o nell’apertura Spacemen 3 di “Visitation Rights”, o infine nel dittico “No More Vitamins/ Underbelly Of A Mushroom”, dove gli asteroidi picchiano duro sulle sinapsi (vostre e loro) alternando campionamenti di esperienze psichedeliche narrate di persona alla resa in musica delle stesse, con l’andamento sinusoidale/esperienziale di una “Set The Controls For The Heart Of The Sun”.

Non un disco fondamentale, ma un punto di vista differente per capire il caleidoscopico prisma della psichedelia contemporanea.

 

Carico i commenti... con calma