Se non è rotto, non sostituirlo. Lascia stare.
In queste poche e sagge parole e semplificando al massimo, si potrebbe rilevare parte della intrigante poetica dei Brian Jonestown Massacre.
Certo, si dovrebbe cercare di ignorare cosa cela quella ingombrante ragione sociale -BJM - ovvero i destini ( di morte ) alterni ed incrociati di Brian Jones, tête giocoliera dei primi Stones e del pastore Jim Jones e della sua confraternita socialista. Dovremmo essere un po' sbarazzini, forse come quei 20enni che affollano i concerti dei nostri e che in visibilio ipnotico cantano ogni strofa della loro Anemone, senza chiedersi troppi perché.
Ed invece evaporato il trend modaiolo di Methodrone, la musica di BJM si fermerà e per sempre.
In un ricordo cristallizzato di un tempo, tutto resterà relegato nel classicismo della forma, che non è revival ma riavvolgimento del nastro temporale.
Tutti siamo importanti e nessuno è indispensabile, questo è il Teorema di Newcombe, che giustifica e santifica scudisciate, manate, percosse e cassa integrazione per tutti i suoi collaboratori.
L’unico pensante deve essere il Leader Maximo, il Sacerdote, che nella Sua Ellade ricerca nella mistica la percezione di quei Suoni, quelle note celesti che come cromatismi di arcobaleni sono trame angeliche per l’individuo, in quello stato di natura e prima della scissione con la totalità che si è persa con la morte di Cristo.
E quindi occorre dal divino filtrare una ricerca di una nuova musica, una nuova Sorgente in grado di conciliare l'umano col divino. Con l'amore, unendo il finito con l'Infinito, il soggetto diventa tutt'uno con l'oggetto, l'umano si riconcilia con il divino, così che anche l’Uomo ha la possibilità di cogliere l’Assoluto.
Se non è rotto, non sostituirlo. Lascia stare.
Le affinità elettive legano come anelli concentrici e spesso invisibili personalità, popoli, pensieri...e non faccio mistero che sono molto amareggiato per la sostituzione del mio veneratissimo Motorola Startac e non tanto perché Watshapp è sempre stato aggiornamenti a parte un mini adesivo di gomma verdina e schifosina incollato sopra il display quanto perché quel piccolo gommino probabilmente con il passar dei decenni deve avere comportato la rottura irreversibile dell’automatismo di chiusura.
A me piace un casino la democrazia, mi sono sempre sentito democratico, anche nell’assoluto dadaismo dei giorni nostri, ma non faccio mistero di essere affascinato dalla monarchia assoluta di questo Leader maximo, di questo Anton Newcombe; il logos è un campo di battaglia dove sull’altare celeste della musica tutti possono essere sacrificati in nome della purezza, proprio tutti ed anche l’amico del cuore Matt Hollywood.
Nel salto in alto olimpico verso la consacrazione i BJM era da anni che testavano la disciplina perfetta: nel salto a forbice del 2003 con And This is Our Music, nel salto ventrale di Revelation (2014) ed infine nell’elegante Fosbury trovavano la forza e lo stile per sentirsi finalmente oggetto di culto, in quel 18esimo album omonimo che ci raccontiamo. Che poi in fondo è una summa di tutta l’Odissea del Newcombe post Methodrone e post shoegaze, passata la lieve infatuazione trendy e modaiola e dopo essere stato praticamente posseduto in pianta stabile dai fiori più tossici della psichedelia sixtie.
Il XVIII Album e omonimo è un bignami dell’Odissea personale e sintetizza la circolarità del sound, quella sorgente che emette un flusso sensoriale lento e potente, che non sembra andare da nessuna parte ed invece ha già piazzato le tende nel tuo Ippocampo. In questa Odissea portatile parrebbe di vederli fluttuare tra nebbie a bordo di un Gigante galeone settecentesco e travestiti da corsari, ma questo è l’ologramma che ci vogliono far credere e che riprendono su YT. In realtà è un’illusione; come nelle Argonautiche l’equipaggio emula con quel sound il canto di Orfeo che seduce le sirene ed è solo un attimo per loro mettere le tende nella penisola sorrentina immersi nella Bellezza dei seni di quelle semi divinità. I primi tre brani nella loro interezza descrivono il momento della Rivoluzione, della Distruzione, della Creazione.
Drained.
Tombes Oubliées.
My mind Is Filled with Stuff.
In fondo in tutta la loro ponderosa discografia ci si potrebbe fermare a questa triade per descrivere il flusso del loro sound. Perché se è vero che il Dear Anton ha smesso di fare risse nei bar ed ha abbracciato la vita familiare ammettendo di voler smettere di "volare attraverso l'universo in un viaggio maniacale", fortunatamente però quando si tratta della sua musica è esattamente quello che sta ancora facendo. La Distruzione è un piatto che va servito freddo ed in Tombes Oubliées ci facciamo prendere in maniera neanche tanto inaspettata ( vedasi quel gioiellino di album Musique de film Imaginé) da una stordente sensibilità intrisa di nouvelle vague, i cui testi francesi sono conformi alla convinzione di Newcombe (ne ha molte ) che “l'anglocentrismo sta distruggendo le culture”. E sotto la dolcezza di quel sussurro francofono dove la morte è stranamente accogliente e risanatrice, la nuova creazione del Tutto avviene con la stupenda e strumentale My mind Is Filled with Stuff. La fusione con la Totalità avviene nella terza traccia, ripetizione di 4 accordi per 3 minuti e mezzo, un basso che risuona, tra loop con fasi spaziali ed una lenta ipnosi che in quella ricostruzione ci fa scomparire per tre minuti e mezzo, frantumati in quel frontale con gli Hawkind.
O forse solo finalmente immersi in quella riconciliazione con il Divino.
Se non è rotto, non sostituirlo. Lascia stare.
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