Purtroppo, per latenti problemi con la connessione internet, non ho potuto verificare se la recensione di questo disco fosse già esistente sul server di DeBaser, quindi mi scuso in anticipo se dovessi ripetere qualcosa di già detto in precedenza.
Partiamo dal presupposto che ai fan di data più recente il nome dei Byrds dirà poco-niente, eppure nell'America di metà anni '60 che soffriva terribilmente il confronto con l'emergente musica inglese (Stones e Beatles, certo, ma anche i nascenti Doors e Cream), i membri della suddetta band avevano tutti una grande fama anche individuale ed infatti, chi più, chi meno, avrebbero tutti avuto una carriera solistica di tutto rispetto, si veda Roger McGuinn, portabandiera dei Byrds anche dopo lo scioglimento, il chitarrista David Crosby, membro dell'incredibile e seminale terzetto Crosby, Stills & Nash, ma anche il bassista Chris Hillman con i suoi countreggianti Flying Burrito Brothers.
La grande invenzione (e merito) dei Byrds fu quella di aver trovato un genere di compromesso, ma non per questo un ibrido privo di personalità, tra il folk di matrice Dylaniana e il rock britannico dei Beatles, e a loro volta influenzarono gli autori dai quali presero spunto, da una parte rivendicando la paternità sul periodo psichedelico dei Beatles(il cui apice si raggiunse in Sgt Pepper's), e dall'altra lasciando totalmente sconvolto Dylan il quale abbandonò la sola chitarra acustica del folk sostituendola con un'intera rock band a tutti gli effetti che gli costò non poche critiche. Il summo, l'apice di tutto ciò, fu ovviamente la famosissima (e bellissima) Mr. Tambourine Man, guarda caso cover di Dylan, che da singolo spazzò via tutti i rivali (e che rivali !!!) e rivoluzionò tutti i parametri del folk-rock, ma sarebbe riduttivo il soffermarsi solo su questa canzone (Bob Dylan commentò: "Wow, ci puoi anche ballare!"): altre cover di Dylan magistralmente eseguite (Chimes Of Freedom), riproposizioni di vecchie canzoni folk della tradizione americana in The Bells Of Rhymney (mossa riproposta dal Boss 40 anni più tardi), e significativi episodi originali in You Won't Have To Cry.
In definitiva, non assegno le 5 stelle piene nemmeno a questo disco, benchè di sicuro ci si avvicini, perché è certamente rivoluzionario e seminale come pochi altri dopo di lui, ed innegabilmente ha dei grandi picchi artistici, però non raggiunge la perfezione di album usciti nel suo decennio quali "Sgt Pepper's Lonely Heart Club Band", "Highway 61 Revisited", "Let It Bleed" e altri del genere. Rimane comunque un disco, se non altro per significato storico, da avere assolutamente.
Carico i commenti... con calma