Con la pubblicazione dell’ispirato Further i Chemical Brothers avevano riscattato un decennio piuttosto deludente dal punto di vista musicale. Le atmosfere cosmiche di “Another World” e “Escape Velocity” restituivano un duo rivitalizzato, lontano dalle incursioni danzerecce di Come with Us o dalle sonorità troppo leggere di Push the Button e We Are the Night. Il successivo Born in the Echoes, seppur bizzarro e a tratti sperimentale, ha deluso le aspettative e si è rivelato nettamente inferiore al suo predecessore. Quattro anni dopo i fratellini chimici annunciano l’uscita di No Geography, comparso nella primavera del 2019 e anticipato dal singolo “Free Yourself”, inno al potere liberatorio della musica con relativo bel videoclip.

Per questo lavoro Ed Simons e Tom Rowlands decidono di fare le cose in grande e rispolverano l’attrezzatura usata per registrare Exit Planet Dust e Dig Your Own Hole. L'obiettivo è quello di realizzare un piccolo viaggio nel tempo, per tornare, almeno romanticamente, agli anni del big beat e della “chemical generation”. Ad aggiungere elementi d’interesse ci pensa l’immagine di copertina, tratta dal booklet di Consequences, debutto dei Godley & Creme, quasi a voler ribadire l’operazione di scavo nella memoria (o nella collezione di vinili dei due, data la massiccia presenza di campionamenti nei brani). Non è da meno il titolo, con il suo riferimento al poema Geography di Michael Brownstein, che "presta" la sua voce alla title-track per confermare una delle tesi del disco: la possibilità di superare qualunque ostacolo attraverso l’amore e la condivisione delle emozioni.

Ascoltando No Geography si ha l’impressione che le nostalgie di Ed e Tom non siano del tutto fuori luogo: l’apocalittica “Eve of Destruction”, pur guardando al passato, suona attuale grazie al featuring della norvegese AURORA, presente in altri due brani della tracklist (il coinvolgente breakbeat di “Bango” e la spaziale “Universe Has Sent Me”). Anche “We’ve Got to Try” si può considerare riuscita e a colpire, stavolta, è la capacità di fondere sample vocali e un sound acid che sembra uscito direttamente da Surrender. Il ritorno alle origini implica piacevoli sensazioni di déjà vu, come avviene in “MAH”, erede delle varie “Hey Boy Hey Girl” e “Out of Control” (bellissimo il suo “I’m mad as hell!”, campionato dall’omonima canzone di El Coco). Il disco non contiene solo tracce dancefloor-oriented, ma anche momenti riflessivi come “Gravity Drops” e la love song “Catch Me I’m Falling”, con il suo mix di drum soffuse e synth analogici. Non manca qualche difetto: i cambi di registro di “Eve of Destruction” possono disorientare o innervosire, mentre le campane di “Got to Keep on” sono sì un po’ eccessive, ma non disturbano più di tanto il percorso.

Il risultato è positivo, soprattutto se paragonato ai tonfi degli anni Duemila: No Geography appare infatti godibile, privo di strafalcioni o momenti imbarazzanti. Un lavoro coeso e uniforme, che non suona come un tributo agli anni Novanta (almeno non del tutto), ma come un’opera che riesce a coniugare passato e presente, vintage e contemporaneo. Certo, dai Chemical Brothers sarebbe lecito aspettarsi qualcosa in più ed è necessario aggiungere che non solo non si raggiungono i livelli di Dig Your Own Hole, ma neanche quelli di Further, migliore prova della loro discografia recente.

Poco male, perché con i sei minuti di “Universe Has Sent Me” Ed e Tom dimostrano di essere ancora in grado di prendere per mano l’ascoltatore e condurlo verso galassie sconosciute. Mondi senza limiti, ai quali solo la magia della musica sembra poter accedere.

E va bene così, almeno per ora.

Voto: 4-

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