Quando si giunge ad un livello di conoscenza ed amore per certi artisti, acquisiti attraverso i reperti ufficiali, si arriva spesso al desiderio di conoscere quelli non ufficiali, o tali solo in parte, ben consapevoli che il valore dei medesimi è nove volte su dieci inferiori allo standard cui i nostri idoli ci hanno abituati; ma quel fascino che esercitano i dischi, che quasi mai riusciamo a recuperare per le vie "legalmente" ritenute normali, e per i quali spesso passiamo lungo tempo in attesa che il mulo elettronico o un altro animale d'emergenza corrano in nostro soccorso con un viaggio più o meno veloce, il fascino che esercita la loro produzione scadente, nebbiosa, quasi trascendente alle volte, è inarrivabile, e costituisce una prova d'amore, reciproco, nostro imperituro verso chi ci dona quelle note, e loro, incosciente, verso noi loro sudditi.

Personalmente mi è capitato spesso di fare questo ragionamento e questo processo nei confronti di gruppi di metal estremo, quali Ulver, Katatonia, Burzum, Solstafir, Einherjer; ma amando oltremodo questa band irlandese pop-rock, e lontana dagli standard folk che contraddistinguono la maggior parte delle compagini d'Eire (per l'eccezione, in ogni caso, ascoltare "desperate Andy", su "Bury the Hatchett", e verificare quanto somigli a una, che so, "Blackbirds and Thrushes" di Niamh Parsons), non ho potuto fare a meno di mettermi ultimamente alla ricerca di questa prima operetta dopo che i Cranberries assunsero questo nome dopo il passaggio dal vecchio monicker "Cranberry Saw Us".

Devo dire che buona parte dell'amore che provo nei confronti di questi quattro musicisti è però dedicato alla cantante, l'immensa Dolores Eileen O'Riordan (oh-reer-dehn, non o-ryòrdan, come purtroppo spesso si sente pronunciare), nativa di Ballybricken (provincia di Munster, contea di Limerick), oggi quasi trentanovenne, con una voce capace di spaziare dalla dolcezza di "You and Me", alla violenza (auto)distruttrice di "Salvation", alle tenebre della fin troppo scontatamente famosa "Zombie", al pop perfetto e senza briciole di svendita di "Linger"; da un passato terribile, dove sfiorò la dipendenza dall'alcool, dalle pillole per combattere l'insonnia, l'anoressia, la depressione, forse il suicidio; da un'abilità incredibile di coinvolgere, oltre che con la già citata immensa abilità canora e la capacità di passare in un solo disco dall'allegria fanfarona di "Just my Imagination" ai temi della pedofilia come in "Fee Fi Fo", anche grazie alle famigerate ed imperdibile movenze sul palco (l'altro giorno all'Ippodromo delle Capannelle credo di aver rischiato un infarto...). Ebbene, la storia, il dolore, la disperazione di una giovanissima O'Riordan compaiono già qui, in questo incredibile mezzo capolavoro, fortemente immaturo, ma emozionalmente struggente: "Uncertain", del 1991.

La titletrack, che fa da apertura, manifesta già quelle capacità toccanti ed imperscrutabili di una voce qui più acuta del solito, di qualche nota che sa dove essere e di qualcun'altra quasi fuori posto, dei germi di "Delilah", "Bosnia" e "Time is Ticking Out".

Segue la quasi lanciata "Nothing Left at All", lievemente più rapida, ma certamente lontana dai canoni della rock ballad; un motivetto in fondo difficile da riprodurre richiamando lo stesso spirito, le stesse sensazioni, per quanto semplice. Ma fà già spuntare qualche lacrima.

Secondo me Dolores appiccica il primo manifesto della sua vita con "Pathetic Senses" - qualcosa che provò in futuro a riprodurre con il titolo "Ridiculous Thoughts". Sincopatica, psicotica, lacerante seppure le sonorità restano dolci, pesante, ai limiti della psichedelia e dell'invadenza. "Time is an illusion baby, I'm on your side; love is a confusion, you'll never hide; come to the conclusion baby, your love has died..." Verrebbe quasi voglia di attraversarlo, un periodo d'inferno come gli ultimi '80 di Dolores, per scriverla, una canzone così...

Chiude "Them", stavolta un po' troppo abbozzata e buttata lì, per quanto anche qui pregna di buone idee e che, complice una certa abitudine all'ascolto, probabilmente un'altra traccia sopra le righe. Un'altra ancora, per me che l'ho scoperta per ultima, anche se solo la quarta (ufficilmente) di una delle carriere più mirabili e stupefacenti degli ultimi vent'anni di musica (per non esagerare, anche se sono mooolto tentato di farlo).

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