La tradizione contadina mi insegna che del maiale non si butta via niente. Detto atavico scaturito dall'esperienza millenaria assolutamente rispondente alla realtà. Il maiale è sporco e sembra brutto e cattivo. Anche i rocker sono sporchi e sembrano brutti e cattivi. Quando poi la mattina fanno i gargarismi con il Jack Daniels e ci fumano su un bel sigaro e si vestono di pelle effettivamente smettono di "sembrare" brutti e cattivi per "diventare" brutti e cattivi.
Ma il maiale alla fine è un animale simpatico e di bocca buona, mangia di tutto, mette su peso e ti rende felice. Questi dannati rocker sono simpatici assai: canadesi (e già qua scatta il bollino verde del controllo qualità) usciti nel settembre 2005, li dovevamo uccidere a dicembre, ma non c'è stato tempo...
Tutto il disco è intriso di un'atmosfera scura e lisergica, i pezzi sono pop nel senso che sono subito fruibili, mai problematici, ma ricchi, dispari, ficcanti. E' davvero un impasto strano quello che ci offre la band, che ha assolutamente carattere e talento. Tant'è che il suono è davvero personale, pur essendo composto di tanti elementi riconoscibili.
Per tutto l'album si respira uno spirito soul, con fiati e organo che sanno trovare la strada per creare pezzi sempre trascinanti, dallo sviluppo mai scontanto. Influenzati parimenti dalla musica sixties, dal soul, dal rhythm'n'blues, dal country e dal garage rock sanno miscelare sapientemente questi ingredienti per creare materia viva e vitale, nonostante i testi siano non sempre leggeri.

Il disco si apre con una "Debt Collection" che paga pegno a "Roadhouse Blues" dei Doors, ma virata soul, con una lunga cavalcata di organo. Nella successiva "200 Nautical Miles" gli archi costruiscono un'atmosfera nervosa di attesa, molto tesa, ma che viene spazzata via da "Sissy Blues", dove è come se gli Stooges avessero imparato a suonare gli strumenti e fare un arrangiamento di fiati. "High Prices Going Down" è un'acidissima ballata retta tutta dal basso, con belle parti di mellotron.
E giungiamo così ai pezzi più interessanti di tutto il disco: "Gore Veil" è assolutamente catchy con quell'incedere cantilenante sorretto da un organetto. Non riuscirete a non battere il tempo e fischiettare la melodia. La successiva "So Young & So Cruel" è un altro imperdibile soul a base di stivali di pelle, che riporta subito immagini di città fantasma circondate da deserti infuocati.

Sarebbe inutile continuare con una recensione brano per brano, dato che stiamo parlando di un maiale, c'è davvero tanta roba buona, non potremmo buttare via niente. Decisamente sopra la media, ma indubbiamente molto particolare per poter piacere ad un vasto pubblico.
Volendo trovare un gruppo che ha affinità coi The Deadly Snakes citerei i The Coral, anche se ritengo i nostri migliori (per via dei gargarismi mattutini col Jack Daniels, ovviamente). Pare che il gruppo si sia sciolto dopo questo album (vedi PitchforkMedia.com).

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