Successivamente alla pubblicazione di “Other Voices” la band intraprende il Midwest & Northeast tour 1971 con l’aggiunta sul palco del chitarrista ritmico Bobby Ray e Jack Conrad al basso già presente sull’ultimo lavoro da studio. Il pubblico accoglie spassionatamente la nuova band, che oltre a proporre il nuovo materiale non fa mancare durante le esecuzioni il repertorio di classici che con il tempo è arrivato a coinvolgere più generazioni. Manzarek andava ricoprendo con perplessità il ruolo di nuovo leader, così come i fan riservavano un soddisfacente nuovo benvenuto, lecitamente sintetizzato nel titolo che il numero del New Musical Express pubblicato nel febbraio del 1972 riservava al gruppo californiano: “People Must Realize It: Jim Is Dead”.

Il tempo di immettere sul mercato la raccolta “Weird Scenes Inside The Goldmine” (che include due notevoli  b-sides come “Who Scared You” e “Don’t Go No Further”) mentre il gruppo raccoglie nuovamente le energie che gli permetteranno di registrare un nuovo disco. Le incisioni avvengono tra l’East Coast Tour 1972 ed il previsto mini tour nel vecchio continente, esibendosi tra le varie venues  a Copenaghen, Monaco, nel Regno Unito in Germania e all’immancabile Montreux Jazz Festival.

“Full Circle” si apre con la ritmica festaiola  di “Get Up And Dance” - scelta anche come primo singolo -, in cui è Manzarek ad incoraggiare le danze in un misto di rock & soul completato dalla partecipazione esultante di Clyde King, Venetta Fields e Melissa MacKay ai cori. “4 Billion Souls” che si fa notare per un familiare giro di accordi suonati con l’Hammond apre le porte a “Verdilac” in cui la maestria degli strumentisti esce fuori in un collage rielaborato tra psichedelia, rock ed anche jazz in cui la band californiana aveva mosso i primi passi. All’insegna della leggerezza si muove anche l’honky tonk di “Hardwood Floor”, mentre in “Good Rockin” (coverizzazione del successo radiofonico del 1947 “Good Rockin’ Tonight” di Roy Brown) l’irrequietezza del piano si fonde con un impeccabile solo di chitarra in cui Krieger omaggia il maestro Chuck Berry. L’insolita introduzione per “The Mosquito” pubblicata come secondo singolo nell’agosto del 1972, amalgama suoni latineggianti con una ballabile atmosfera messicana  sfociando in una jam psichedelica che vede tutti gli strumenti protagonisti. Da un’idea musicale dell’accoppiata ritmica di Conrad/Densmore fuoriesce un riguardoso ma non facile tentativo di pervadere in un contesto compositivo che andava caratterizzando i cesellamenti distintivi del coevo progressive rock inglese. Pur se “It Slipped My Mind” strizza l’occhio a “Love Me Two Times”, ce la mette tutta per compiacere l’ascoltatore che  forse sarà più pago nel cogliere l’omaggio a Clapton nel finale. Il frugale rock/boogie di “The Peking King And The New York Queen” ci porta alla fine del disco ed è l’occasione  per mettere in musica con tono ilare un racconto che vede come protagonisti il Sole e la Luna ai quali in cielo è privato di incontrarsi, rispettivamente nei panni di un Re cinese ed una ragazza di New York che discendono sulla terra. Una divertente narrazione in cui l’accostamento tra due culture diverse come quella occidentale e quella orientale che Manzarek favoleggia con competenza, vista la certa ispirazione colta proprio dalla relazione amorosa con la moglie Dorothy Fujikawa.

Basterebbe leggere la back cover per rendersi conto che ci troviamo di fronte ad una squadra di navigati musicisti interessati a diffondere il verbo comunque di una buona musica ma in maniera più personale, tralasciando con disinvoltura il versante poetico che aveva individualizzato il suono di una band che ha saputo essere unica fino a che Jim Morrison ne incarnava il ruolo di unico declamatore. Con il dissolversi definitivamente di quella essenzialità spirituale, viene a mancare uno dei quattro lati che aveva reso perfetta la geometria musicale di una band che le incontaminate spiagge di Venice Beach avevano visto germogliare.Dopo il naturale tentativo a proseguire con altre voci sarà la consapevolezza di Manzarek, Krieger e Densmore a porre una definitiva chiusura del cerchio (e perché no le basi per una nuova partenza?), proprio come racchiuso nella schiettezza del titolo del loro onesto ma poco appropriato ultimo disco a firma The Doors. 

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