Il rock è cosi. Lo dai sempre per morto,sempre con quell'aria di chi sa di averne sentite di tutti i colori,di chi sa che lì,solo lì nel passato (più remoto che prossimo) è vissuto. Allora quando leggi di questi The Drones, già ti stanno un po' nelle palle. Vuoi per quel The davanti che non sopporti più se non giustificato,vuol per la solita descrizione che trovi, il solito gruppo definito "sincero" alle prese con un rock  che rida a Velvet Underground, Neil Young,Stones ecc ecc ecc che immagini far contenti i simpatici e saltellanti bambini alternativi di oggi, ma soprattutto vuoi perché 90 volte su 100 questi gruppi fanno cagare,scrivono canzoni che hanno lo stesso valore di un pezzo dei Blue, solo che porcaputtanatroia si vestono, si muovono, si drogano e muoiono(pensa che imbecilli!) come dovrebbero secondo i simpatici e saltellanti bambinie,e tho!, poi vengono divinizzati!!!!

Si pensa che siano queste cazzate ad aver ucciso il rock come lo abbiamo in mente, ossia saliva, sangue,lacrime e urla e invece no, è giusto che tutto ciò continui, perché così facendo la gente vera, i gruppi veri,quelli toccati dal "fuoco", avranno sempre modo di continuare ad urlare con le vene nel collo piene di sangue i loro giramenti di palle, i loro amori finiti, i loro vaffanculo pezzo di merda che alla fine sono vero rock  prima di essere diventato vero punk.

Ecco,ho iniziato ad ascoltare questo gruppo pensando che facessero parte della prima categoria, ma invece no, fulmine a ciel sereno, è basta la prima traccia Jezebel per avere la dimostrazione lampante di cosa voglia dire "fare rock".

Jezebel è barcollante, malsana, malata. Ha la voce di Gareth Liddier come mezzo di comunicazione, ha la sua chitarra e quella di  Rui Pereira per farci capire che sangue gli scorra ed ha la sezione ritmica composta dalla bassista Fiona Kitchine dal batterista Mike Noga per simboleggiare la sua caracollante struttura. E' il perfetto punto di unione tra i Birthday Party del Cave assetato di tutto e Dream Syndicate di uno Wynn in ispirazione massima. Basta un pezzo del genere per giustificare l'album, peccato che allo stesso livello(altissimo) ce ne sono almeno altri tre :

La cavalcata I Don't Ever Want To Change, ciò per cui i Pearl Jam devono essere ricordati ma non sanno più fare, I'm Here Now, pezzo/crescendo che ha come portavoce i Crime and City Solution del bellissimo The Bride Ship, e la finale Sixteen Straws , un blues che moltissimi musicisti non riusciranno mai a scrivere. Questi quattro mostri sono accerchiati da pezzi comunque molto piacevoli e tutti sul mid-tempo, tipo l'allegra "Are You Leaving For The Country" (appunto country elettrico con tanto di fischietto spensierato), la ballata Work for Me cantata dalla Kitchine che ricorda in qualche momento la voce di Meg White un tantino più drogata e la Roots song "I Looked Down The Line And I Wondered", che ,come un po' tutto l'album, fa emergere in maniere evidente il paragoni con alcuni lavori di Nick Cave(in questo caso più anni '90 però).

Sono australiani,questo è il loro terzo album,e sinceramente non vedo l'ora di ascoltare gli altri precedenti, descritti come più animaleschi e selvaggi.        Spettacolo!!!.

Comunque,un gruppo con i controcoglioni.... dovete ascoltarli anche solo per non farveli piacere.

Carico i commenti... con calma