Se nel 1984 bazzichi a New York e ne sei totalmente alienato e succube allora sei fottuto!
Se idolatri tutto lo zozzume musicale che la tua città ha partorito e tutta le schifezze che ti metti in cuffia suonano come un barile fracassato a colpi di martello e la tua chitarra scordata la suoni a colpi di lima da ferro allora può essere che cerchi qualche psicopatico come te per metterti a fare “qualcosa”.
Se sei un morto che cammina senza saperlo ma i tuoi conati di vomito ti indicano che non sei ancora pronto per andare sotto terra si da il caso che quell'urgenza ti porti a mettere su una Band.
Se decidi di chiamarti Honeymoon Killers, film del '70 “dedicato” a una coppia di killer seriali appunto, e il tuo esordio discografico lo chiami “Honeymoon Killers from Mars” vuol dire che o sei veramente alla frutta o hai buttato giù un acido che non ti ha fatto molto bene.
Se il tunnel che hai imboccato è privo di illuminazione e soffri pure di claustrofobia il risultato non può che essere quello che il mio Hi-Fi sta sputandomi in faccia: un incubo, malvagio, perverso ed oscuro!
La luna di miele si apre con un ghigno mefistofelico accompagnata da una marcia funebre ultra disturbata e delirante come in una sorta di giostra degli orrori più primordiali ed animaleschi.
Il Raga ipernoise di “Cornbread Fed” mi ricorda “White Light White Heat” cantata da un lupo mannaro dopo una notte di corpi sventrati, baccanali infernali e bocconi sanguinanti (“I Love to Eat It”).
Il terrore prende il sopravvento tra le mura di una stanza infestata dai peggiori incubi (“Room of Doom”), dove l'alienazione urbana attende la condanna irreversibile e prossima.
Proprio nel momento in cui tutto sembra sul punto di crollare c'è una sorta di lenta e faticosa ripresa: gli zombie famelici di morte che sino ad ora ci hanno accompagnato si attaccano con le unghie e con i denti alla tradizione musicale che forse inconsciamente hanno nelle vene: è con “Place in France” che vedono quello spiraglio inatteso.
A cosa avvinghiarsi se non ad “Ubangi Stomp” (Alice Cooper), sorta di inno al rock&Roll più viscerale e selvaggio, unica ancora di salvezza in mezzo a questo ammasso di detriti in putrefazione (“Ubangi Stomp is a rock and roll. It beats anything that's ever been told. Ubangi Stomp, Ubangi style; when it kicks, it drives a cool cat wild. Ubangi Stomp, thank.").
E' nel bel mezzo della danza macabra di Ubangi che i gatti vanno nel delirio come nella notte delle streghe e “Cat People” ne è la prova. Pezzo noise orientaleggiante, malato e scartavetratissimo, dove i nostri sconvoltissimi derelitti strippano come randagi alla ricerca di una vittima.
Speranza? Errore!
E' sul finire di questo sabba per licantropi che non c'e' niente di meglio che pensare all'amore, e allora “Who Do You Love?” di Bo Diddley è azzeccatissima, peccato che sia suonata nel bel mezzo di un cimitero proprio sulla tomba di Bo in persona mentre lui si ribalta nella sua cassa per la libidine oscena e maligna dei nostri strafottenti interpreti!
Con “Shake” si chiude l'album lasciandoci striscianti ed inermi ti fronte a tanto e malsano massacro di vittime innocenti.
Ok, saranno gli esordi, ma che esordi! Tutto lo schifo che la Grande Mela ha partorito è condensato in un album allucinato, patologico e depravato, ogni sogno è pura terra bruciata sulla quale sputare sopra sangue e viscere, ogni ideale è trapanato, crivellato e poi avvampata come fosse una sacca di sangue infetto e scaduto, ogni speranza lasciata ad un destino che non può essere che una bestialità portata alle estreme conseguenze.
Se gli istinti omicidi degli Honeymoon volevano essere sfogati in qualche modo, con questo esordio l'esorcismo è riuscito perfettamente, ogni perversione irrazionale e feroce è stata portata alla luce.
Ma non temete, molto, molto presto, un oscuro e terribile essere rivedrà la luce (“Love American Style”), e allora se abiti e New York ed è il 1984 è meglio che te ne stia chiuso in casa in attesa di tempi migliori!
Un consiglio:
BARRICATEVI!
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