Otto anni.

Il dinamico duo composto da Alex Turner, ormai ex enfant prodige del rock britannico a capo dei suoi Arctic Monkeys, e Miles Kane, trentenne cantautore che, dopo la falsa partenza col progetto The Rascals, ha trovato la definitiva consacrazione con due dischi solisti di buon livello (e collaborazioni del calibro di Noel Gallagher e Paul Weller, non certo i primi sbarbati che passano per strada) torna ad occuparsi del progetto The Last Shadow Puppets e licenzia l’attesissimo seguito dello strepitoso esordio pubblicato nel 2008, battezzandolo “Everything You’ve Come To Expect”. Splendida la foto di copertina, uno scatto di Tina Turner risalente a fine anni ’60.

Diversi i percorsi dei due ex bambini terribili d’oltremanica. Se Turner, con la complicità di un sempre più gran maestro Josh Homme, ha spostato il baricentro della sua band d’origine dai nebbiosi sobborghi londinesi all’arsura delle estati californiane, Miles Kane ha nel frattempo deciso di recuperare le care vecchie chitarre sferraglianti per ridare linfa ad un genere, il brit rock, che iniziava davvero a ristagnare in maniera pericolosa. Entrambi indicano come maggiori influenze per questa nuova infornata di pezzi Isaac Hayes e Style Council, prendendo le distanze dallo Scott Walker dell’esordio.

A cosa porta questo secondo incontro, quindi? A conti fatti, rispetto all’esordio si lavora più per sottrazione che per addizione. Sì, gli archi arrangiati da Owen Pallet ci sono ma, invece di puntare su epicità e magnifica magniloquenza, lavorano in maniera più funzionale all’interno della struttura dei pezzi, amalgamandosi e diventando un tutt’uno col tipico sound del duo britannico.

“Aviation”, opener e terzo estratto dal lavoro, parte a razzo ed è già uno dei pezzi più convincenti del lotto: la velocità è sostenuta, la melodia perfettamente assimilabile e scorrevole e il refrain uno dei migliori in assoluto pubblicati dalla band. Un piccolo instant classic candidato a gioiellino assoluto nei live della band. La successiva “Miracle Aligner” (anch’essa notevole), assieme a “Sweet Dreams, TN” e “Pattern”, svela l’anima più barocca dei due, e si allontana dalla carica epica dell’esordio per cesellare una melodia così composta nella sua perfezione da lasciare ammaliati.

Non tutto, ovviamente, è quiete. C’è anche la tempesta, perfettamente annunciata dal lead single “Bad Habits”, delirio psych tra archi impazziti e cantato spezzettato ed irriverente. Qualche piccolo viaggetto in territori più garage (la doppietta “Used To Be My Girl / “She Does The Woods”), uno splendido bagno nella psichedelia Beatlesiana nella titletrack, la coinvolgente ritmica di “The Element Of Surprise” e l’eleganza sopraffina di “Dracula Teeth” completano il quadro. Senza dimenticare la deliziosa chiusura affidata a “The Dream Synopsis”, piccola erede di “No. 1 Party Anthem” da “AM” delle “scimmie artiche”.

Nessun riempitivo, un gran lavoro di cesello da parte dell’ormai fidato produttore James Ford (dei Simian Mobile Disco) e un perfetto bilanciamento tra le voci dei due protagonisti completano magnificamente il quadro.

Un bellissimo disco questo “Everything…”, forse mezza tacca sotto rispetto all’incredibile esordio (manca un classicone alla “Standing Next To Me”, forse) ma comunque il miglior erede possibile per quella gemma grezza dalla bellezza abbagliante.

Traccia migliore: Everything You’ve Come To Expect

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