C'è un genere musicale che mi piace moltissimo. Baroque Pop. Bene, siete rimasti: avete voglia di leggere qualcosa. Non mi dilungherò troppo in spiegazioni che contesterete con fare pseudo-scientifico; Baroque Pop è qualcosa che rimanda agli anni '60, al periodo pre-MTV; alla strumentazione classica più "colta", alle melodie moderne più "plebee". È un tipo di musica da cantare ora con vigore, ore con un filo di voce. E mi piace, amen. Non pretendo che capiate appieno tutti.

Gli Arctic Monkeys non mi piacciono, e non mi sarei immaginato che da uno di costoro sarebbe uscita una costoletta così gustosa.

L'Età della Modestia (liberissima traduzione) va, secondo me, inteso abbastanza letteralmente. Senza mancare comunque di tinte forti, è una fuga dal rock graffiante e ribelle, così ostentato con orgolgio nei tempi d'oggi. È il nipote (che trova padre in una certa produzione semi-sconosciuta degli anni '90) di un periodo ormai sfumato, il periodo delle calde tinte marroncine: L'Eldorado Anni '60.

È un progetto che piace ai giovani come me perché è totalmente alternativo (Cacchio, è roba alternativa, è forte! È forte!), ma (esperienza personale) anche ai papà che hanno buoni ricordi di Beatles e Beach Boys.
Io mi arrogo allora il diritto di credere nelle migliori intenzioni della coppia britannica nel produrre questo disco: ripeto, abbiamo ottimo materiale.
Abbiamo un ritmo che rievoca le selvagge lotte tra cowboys ed indiani, con quei riff tanto cari anche alla spy music (anni 60, manco a dirlo).
Le composizoni non differiscono particolarmente tra di loro, eppure ognuna ha una storia a se da raccontare. E lo fa in modo molto diretto, quasi un tu-per-tu. Uno stile più da cantautore che da rock band.

A dirla tutta, noto pure un parco strumentale di tutto rispetto: archi, fiati, organo e svariati effettini nemmeno tanto distanti dalla stagione del grande pop britannico.

Sognante, intenso, virile ed a tratti oscuro, "The Age of understatement" è un disco in cui le nostre marionette sembrano prendere coscienza della propria maturazione personale ed artistica; ed aggiungo: è un album che colpisce come di fioretto in una scena inglese contemporanea oggi forse assai sopravvalutata, sotto certi versi.

È l'inizio di qualcosa? Bisognerà vedere le vendite del prossimo disco, secondo me. Vogliamo essere provocanti?

"The Age of Understatement" è un album reazionario. E non credo nemmeno così impopolare.

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