Quando si parla di un gruppo come i Locust non si possono usare mezzi termini. La questione è, infatti, una: prendere o lasciare. Eh si, perchè il quartetto di San Diego non produce di certo musica da ascoltare comodamente in poltrona o ad una serata romantica con la lady di turno.

Il sound dei nostri è quanto di più estremo possa immaginarsi, un mix esplosivo di grindcore, tonnellate di rumore e sperimentazione elettronica che, già nel '99, aveva lasciato i suoi segni con l'EP di debutto omonimo, divenuto ben presto un "cult album" della scena underground musicale. Nel 2003, i nostri ritornano a devastare i nostri condotti uditivi con Plague Soundscapes, album ancora più folle targato Anti, etichetta sussidiaria della Epitaph attenta ai suoni più diversi. 23 tracce perfette per 25 minuti di puro terrorismo sonoro (forti di un'ottima registrazione e della produzione di Alex Newport, già produttore e ingegnere del suono di grandi gruppi come Sepultura e At The Drive In), in cui la lucida follia dei nostri trifidi californiani risalta pienamente e ci regala pezzi magnifici e dai titoli impossibili e prossimi al nonsense come "Identity Exchange Program Rectum Return Policy", "How To Become A Virgin", "Anything Jesus Does I Can Do Better" (ma di cosa si fanno per inventare 'sti nomi???) o la conclusiva e più lunga "Pickup Truck Full Of Forty Minutes" (3 minuti e 51 secondi, incredibile!), che segnano il raggiungimento della piena maturità artistica, stilistica e musicale dei Locust.

Certo, Plague Soundscapes non è un disco per tutti, e forse ascoltarlo sobri non renderebbe molto, ma se non avete paura degli estremismi e volete concedervi una mezz'ora circa di pogo scatenato (ben accetto anche in poltrona) i Locust fanno per voi. Tutti gli altri optino per un libro di Francesco Alberoni o, in alternativa, girino alla larga.

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