Disco bollato dalla critica d'accademia della segala come una delle tante brutte copie dei Cream, questo derivato dall'underground inglese più misterioso è divenuto in realtà negli anni un vero e proprio album leggendario, ricercato da quegli appassionati psichedelici che ne hanno saputo comprendere il valore, rivalutando la bontà delle composizioni e soprattutto la bravura esecutiva di questo quartetto di giovanissimi.
I Magic Mixture, dotatissimi, delicati ma mai banali, estremamente creativi, derivavano da un complesso studentesco ben più ampio comprendente il chitarrista Jimmy Collins poi nei Thunderclap Newman e nei Wings, e Simon Kirke, il batterista dei Free e dei Bad Company. Da notare pure che il batterista degli stessi Mixture (Jack Collins) fu tra i responsabili del capolavoro dei Five Day Week Straw People per poi passare ai più noti Andwella's Dream e alla prima fase hard prog degli Andromeda, pochi in realtà lo sanno in quanto avrebbe d'innanzi utilizzato lo pseudonimo Jack McCulloch. Rimasti nel 1967 appunto in quattro, i Magic Mixture accettano di registrare comunque questo album saltando la più facile strada dei singoli, consuetudine all'epoca soprattutto per le formazioni inglesi minori; la cosa di certo non li avvantaggiò in quanto la piccola etichetta indipendente alla base del rilascio chiuse i battenti poco dopo la pubblicazione di This Is The Magic Mixture lasciando praticamente con il culo a terra la formazione.
Inoltre il momento di crisi economica della label li aveva obbligati a registrare tutte le dodici canzoni in poco più di una giornata e in uno studio londinese tra i più scassati e meno adatti al loro abile gioco di prestigio musicale. Il risultato è comunque lodevole anche dal punto di vista audio-fonico, registrazioni eseguite praticamente in diretta come se si fosse trattato di un live, il tutto rende ancora più magica e sincera l'unica loro opera in microsolco. Bisogna tuttavia collocare i brani nel contesto esatto e cioè l'Inghilterra della seconda metà dei '60, quella del post beat e del "flower power europeo", ma soprattutto di quella particolare devianza tutta anglosassone fatta di testi fantasiosi e di musica legata più al pop che alla sperimentazione, il confronto con le più note formazioni come Tomorrow, July, Apple, Kaleidoscope, Flower Pot Men, etc, regge bene.
Tutte le canzoni vennero scritte dal chitarrista Jim Thomas per la classica formazione "basso, batteria, organo elettrico, chitarra leader" con il cantato raffinato ma non molto potente dello stesso Thomas; l'accorgimento adoperato per rendere la voce più credibile fu essenzialmente un semplice riverbero. Il disco scorre fluido tra momenti melodici ("I'm So Sad" e "Hey Little Girl"), accese aperture verso il "garage" più solare in Motor Bike Song e in You, ottimi fraseggi di chitarra solista (Slowly the Day), trepidazioni latin-funk-sound dai rimandi americani (Urge to Leave), intermezzo proto-simphonic-rock (When I Was Young), momenti un tantino più lisergici ("Living on a Hill" e "Moon Beams"), ove si cercò d'osare maggiormente, con un paio di cadute stilistiche verso la solita "maranza" beat in Tomorrow's Sun e in It's Alright by Me.
A conti fatti LP rimane un buon frullato musicale che si sposta facilmente dall'ambiente romantico della canzone psych d'autore inglese verso lidi stilistici d'oltreoceano, pur sempre leggeri ma estremamente riflessivi e rinfrancanti.
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