Questo disco me lo fece scoprire un tedesco, in Kenya, durante uno di quei miei innumerevoli viaggi in Africa tra la fine degli anni Ottanta e i primi Novanta. Lui era responsabile delle barche e degli yacht dell'albergo dove alloggiavo io, nonché di uno yacht di proprietà del presidente Kenyatta, il presidente che fece in modo di rendere indipendente il suo paese. In passato Volker, questo il suo nome, era stato militare di carriera, era nel reparto di sommozzatori della Marina tedesca, sergente o qualcosa di simile, non ricordo bene. Poi in Kenya, dopo aver mollato l'esercito, aprì una scuola di sub per turisti che funzionò bene. Un tipo intraprendente quindi. E si è sposato con una bella francese. Ma poi accadde il dramma. Anche appassionato di moto aveva una Harley e viaggiava sempre con quella per le strade diroccate di Mombasa. Uno scontro frontale con un matatu, i tipici bus coloratissimi e stracolmi di gente quasi lo mandò all'altro paese, ma per fortuna ebbe dalla sua in bravissimo chirurgo keniota a Nairobi che riuscì a rappezzare tutti i danni, in particolare al viso e al torace. Volker ne uscì, lui un gran bel tedescone biondo e forzuto, con settentadue chiodi e placche al cranio e all'ossatura della faccia, e non so più quanti al torace. Ne uscì con la faccia spappolata, completamente trasfigurato, decine e decine di cicatrici, naso storto, labbra deformate. E poi, dopo un paio di anni di convalescenza, decise di smetterla con operazioni chirurgiche estetiche, e si riciclò con la manutenzione delle barche, assumendosene la responsabilità.
Quando lo conobbi mi presi un colpo, era proprio un "mostro", il viso deformato, un braccio sbilenco, lui tutto magro. Ma esprimeva una forza che era quasi assurda, nonostante tutto. Lo conobbi in discoteca, avevo 25 anni, lui era verso i 40. Una cotta colossale per entrambi. Ero in Kenya con mia madre e il suo compagno e quando glielo presentai lei mi disse, tu sei pazza.
Volker era rispettato da tutti, bianchi e neri, era tedesco fino al midollo, ma non razzista, era metodico, ci teneva al lavoro, e sapeva anche divertirsi. Ma aveva un difetto: un gusto musicale pessimo.
Era divorziato, quindi libero. Mi ha portato ovunque, con lui ho visto l'Amboseli Park e siamo saliti ben in alto sul Kilimangiaro. Non erano viaggi organizzati da una qualche agenzia, ma proprio lui ed io da soli sulla sua jeep. Stile "La mia Africa" per intenderci. E ascoltavamo sempre questo album, in cassetta. Aveva un pessimo gusto.musicale, ma aveva questa cassetta. Quindi, immaginatevi questa musica di New Orleans, un misto di soul e deep bajou, voci celestiali e ritmi incalzanti... Come faccio a fare una recensione di questo album. - disco perfetto, emozionale e spirituale, un suono sopraffino, e una band pazzesca, una profondità musicale come poche - quando mi porta una tale storia personale? Ascoltare questo disco ancora oggi mi porta in mezzo alla savana, le giraffe che avanzano ondeggiando il collo, gli elefanti che spalancano le orecchie, le zebre che ci fissano serafiche. Una combinazione che non c'entrava in cazzo, musica e ambiente erano all'antitesi. Ma io ero innamorata, e questo album mi ricorda momenti bellissimi al principio del mondo.
Poi oggi sono una vecchia babbiona, il ricordo di come finì questa storia è sfumato, gli venne in mente di mollare il Kenya, di portarmi in Madagascar, di aprire un albergo e io mi sarei dovuta occupare dell'ufficio turistico essendo poliglotta. Uhm, il dettaglio era che lui di capitali non ne aveva e il programma era che io, essendo svizzera, avrei potuto trovarne nelle banche svizzera, tra prestiti a mio carico.
Finì così, un sogno realizzato ucciso da un altro sogno irrealizzabile.
Mi è rimasto però questo disco, colonna sonora di un amore durato qualche mese e paradossalmente del mal d'Africa che sempre, poi, mi sono portata dietro.
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