Avevo visto il futuro del rock'n'roll, poi lo avevo perso di vista, adesso l'ho ritrovato seppure sotto altre sembianze; ma non sono Jon Landau e il futuro del rock'n'roll non è Bruce Springsteen.

Molto più modestamente, mi si era presentato sotto le forme di due fratelli, adolescenti, Edoardo e Sebastiano Omezzoli da Arco, Trento, Italia; e già questo rendeva la storia un po' così, perché Landau, Springsteen e Asbury Park suonavano decisamente meglio ed era più facile che attraessero le luci dei riflettori; infatti è andata proprio così e i fratelli Omezzoli i riflettori e le folle plaudenti finora hanno avuto il buonsenso di non sognarseli nemmeno.

Però i due fratellini, hanno pure qualcosa di molto meglio del buonsenso, quando si parla di rock'n'roll, e cioè una qualche tonnellata abbondante di passione e pure una bella riserva di incoscienza o follia o comunque si chiami quella roba che ti fa muovere anche quando il buonsenso ti suggerisce che potresti startene bello tranquillo, stravaccato nel letto della tua cameretta, chi te lo fa fare di alzarti, imbracciare una chitarra e giocare al rocchettaro; incoscienza, follia o roba del genere, appunto, oppure il fatto che tuo papà si divertiva a suonare la chitarra, niente di impegnativo, ma a te quella cosa ti rimane dentro e, anche se sono passati gli anni, ancora ci pensi che pure tu potresti divertirti in quel modo.

Allora, Edoardo e Sebastiano rimediano due chitarre acustiche e iniziano a suonare nella loro cameretta e, visto che sono tempi votati alla socializzazione, fanno qualche video innocuo, aprono una pagina su You Tube e quei video li piazzano lì, che magari li fanno vedere alle amichette e l'approccio è più facile, perché se ai miei vecchi tempi la chitarra la suonavo a quattr'occhi colla bella di turno, accovacciati davanti al più classico focaraccio, ora funziona quasi tutto tra Facebook e You Tube, magari funziona uguale ma è molto meno romantica, come cosa, ma tant'è; all'inizio, ovvio, sono solo cover, i video sono quello che sono, artigianato casalingo allo stato più puro e i risultati sono, pure loro, quelli che sono, nemmeno 50 visualizzazioni in un paio d'anni.

Però qui sto parlando di rock'n'roll, e i like su Facebook e le visualizzazioni su You Tube sono tutt'altra cosa e li metto da parte almeno per un po'; invece ora preciso i termini e, visto che sto parlando di rock'n'roll, quello che quattro righe sopra ho chiamato “artigianato casalingo” lo chiamo per quello che è, attitudine do-it-ypurself, roba meravigliosa che ha a che fare col garage e col punk, che del rock'n'roll sono la faccia più genuina; roba che Edoardo e Sebastiano ne hanno dentro in quantità industriali, insieme alla passione e all'incoscienza o follia o comunque si chiami, forse attitudine; oltre all'attitudine, Edoardo e Sebastiano hanno pure un'altra cosa che serve molto, talento, ed è per questo che mollano subito le cover e si mettono a scrivere pezzi originali; e quando li senti, quegli originali anche solo abbozzati, il talento lo intuisci.

Passione e incoscienza (o follia o comunque si chiami) in quantità industriali più talento uguale quel che basta per fare rock'n'roll.

Quantità industriali però non possono rimanere costrette nello spazio angusto di una cameretta adolescenziale, hanno bisogno di spazio per esplodere, così Edoardo e Sebastiano quello spazio lo chiedono in prestito a nonna che ha il garage sotto casa e quello diventa il Nonna Carla Studio e, anche se non ha la stessa fascinazione del 914 Sound Studios e non ci sta Mike Appel e nessuna casa discografica e nessun budget, va bene uguale, perché se il garage punk si chiama in quel modo ci sarà pure una ragione; il talento, invece, tocca farlo fruttare, tocca investirci, così mammà e papà fanno il sacrificio di sostenere i due figlioletti, comprano a Edoardo una chitarra elettrica con tanto di amplificatore e a Sebastiano una batteria e ad entrambi pagano il corso di musica, colla promessa, però, che continuino a studiare seriamente e non si lascino portare fuori strada dalle illusoni di gloria, ed è qui che torna utile un po' di buonsenso, il minimo indispensabile; il buonsenso è quella cosa che dicevo prima, che ti dice che se vuoi fare le cose, allora falle piano piano, un passo alla volta, perché solo da cosa nasce cosa.

La prima cosa è «In The Beat», anno duemilatredici; Edoardo ha quattordic'anni, Sebastiano due di meno, e nei ritagli di tempo si rintanano nel Nonna Carla Studio e, come i supereroi, al riparo da occhi indiscreti, si trasformano in The Ome Brothers, con i loro strumenti e con una macchinetta fotografica digitale, una di quelle che ci puoi fare pure i video; suonano e registrano tutto colla macchinetta fotografica, poi tornano a casa e quei video li convertono in mp3 e così «In The Beat» finisce su You Tube e pure su Bandcamp; sono dieci pezzi, nove originali e una cover dal repertorio dei Beach Boys, badando alla tecnica non è un disco e forse pure qualcosa meno di un demo, ma in fondo chi se ne frega della tecnica, se quello che viene fuori è una botta d'entusiasmo come se ne sentono poche dentro a un disco “ufficiale”, due adolescenti che non resistono al rock'n'roll, anzi al roccherrolle, e che stanno lì a testimoniare quanto aveva ragione Roger Daltrey quando, con strafottenza puramente roccherrolle appunto, cantava di voler morire giovane; perché non è questione di morire giovane o campare fino a cent'anni, è questione che il rock'n'roll ti esplode nella testa da giovane e poi non esplode più, e forse oggi quando Daltrey ancora canta quella frasetta forse è più patetico che altro, qualcuno la chiama notalgia ma il rock'n'roll non è cosa per nostalgici; la musica che sta dentro «In The Beat» e viene fuori con prepotenza è quella di sempre, dal rock'n'roll delle origini fino al punk settantasettino passando per il power pop, come la possono suonare due ragazzini, cioè in modo approssimativo ma ardente, comunque sempre meglio dei Ramones in occasione della loro prima esibizione, se a qualcuno interessa la tecnica più del cuore e dell'anima.

Tre anni fa, sul primo numero della mia adorata fanza qualcuno scrive quattro righe sul demo e di come si sia innamorato al primo ascolto dei The Ome Brothers; io mi incuriosisco, vado alla ricerca, trovo il demo e mi innamoro al primo ascolto dei The Ome Brothers, oltre a vedere il futuro del rock'n'roll.

Dato che da cosa nasce cosa, la seconda cosa è «Step by Step», che arriva l'anno dopo «In The Beat» e lo ricalca fedelmente come un trasferello, solo suonato e pure registrato un po' meglio, ma solo un po'; per il resto non cambia niente, per fortuna, ancora una terrificante botta di entusiasmo, tonnellate di passione, cuore e anima che propellono all'impazzata il solito originale rock'n'roll, power pop e punk '77.

A questa altezza perdo le tracce dei The Ome Brothers.

Poi, però, ieri leggo l'editoriale di luludia, che non c'entra niente coi The Ome Brothers ma me li fa tornare in mente chissà perché e come, metto bello e non lascio commenti perché non saprei che commentare, e mi fiondo a riprendere in mano la fanza dove si parlava di loro e a riascoltare i loro demo e cerco qualcosa su di loro in rete, fino ad imbattermi in questo blog dove compare una bella intervista e la notizia che The Ome Brothers non esistono più solo perché adesso si chiamano Horrible Snack e tutta la loro discografia sta su Bandcamp praticamente a gratis; da lì a fiondarsi ed acquistare tutto a scatola chiusa passa meno di un nanosecondo; ieri sera comincio ad ascoltare gli Horrible Snack e sembrano davvero una gran cosa, anche se molto diversa da The Ome Brothers; la botta di entusiasmo mi riprende e mi spinge a scrivere qualcosa sulla vicenda di questi due fratelli, adolescenti, da Arco, Trento, Italia, che di sicuro non sono Bruce Springsteen così come Arco non è Asbury Park, ma se il futuro del rock'n'roll è in mano loro e di tanti altri come loro allora è in buone mani.

Con un grazie, nell'ordine, pure a Rccardo Frabetti di “Sottoterra”, luludia e quelli del blog Electric Duo Project.

E niente voto perché mi sentirei stupido a votare qualcosa che è pura e semplice passione e entusiasmo.

Ciao e alla prossima.

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