Justin Marler.
Gli Asbestosdeath prima, poi gli si cambia il nome in Sleep e si registra Volume One.
Quindi il nulla, o meglio: la crisi, la disperazione, la depressione, il desiderio di morte. Conoscere un monaco. Salutare gli amici che salgono sulla montagna sacra e accompagnare il frate in monastero.
Stare rinchiusi per sette anni, la maggior parte su un isola deserta. In Alaska.
Dormitorio e refettorio.
Non ci si trova Dio ci si ritrova e basta.
Sette anni di solitudine per ritrovare se stessi.
Salutare i monaci, telefonare a un vecchio amico, chiedergli se ha voglia di pestare sui tamburi mentre lui canta. Haikus che acconsente, Marler che si rimbocca le maniche e telefona a una chitarra e un basso. Tornare in sala prove, mollarsi il doom alle spalle, fare quello che ti va di fare.
Melodia e botte, è il 2002, fino a meno di dieci anni fa si sarebbe chiamato alternative metal.
Non ci fossero due Sleep, si sarebbe chiamato alternative metal.
Ma due Sleep ci sono e è tuto più complicato, si tirano fuori parole a caso, come Pink Floyd, Johnny cash, Doom, Folk, Punk, Hard Rock. Ma è alternative metal. Bellissimo.
Justin canta, come canta Al, come canta Matt: perfetto per quello che fa. Forse canta meglio dei suoi ex compagni, riesce a essere il centro del gruppo, la vite attorno a cui girano le lancette, La voce.
Non ci fossero stati la droga, il monastero, la crisi, la solitudine dell'Alaska, sarebbe tutto diverso.
Sarebbe diversa la montagna sacra, sarebbero diversi i weedians, e non ci sarebbe uno dei più bei dischi alternative metal di sempre. Che forse non è alternative metal, forse è veramente un pastone di parole tirate fuori a cazzo di cane.
Ora puoi uscire e dirlo forte al tutto il quartiere: le crisi servono, a te e agli altri. Ti convincono che il mondo non è piatto e bidimensionale, esistono svariate prospettive e punti di fuga a cui ancorarsi.
Oppure puoi evitare di buttare parole a cazzo di cane e ringraziare Justin di essere caduto. E ringraziarlo di essersi rialzato.
E puoi finalmente dire che questo è un disco alternative metal. Bellissimo.
Non l'avesse già fatto qualcun' altro in una delle recensioni più spaccamascella dell'internet tutto (una pagina che ogni volta che la leggo mi fa sentire un cecio sulla punta di una forchetta) vi avrei fatto un elenco di tutto quello che questo disco non è. Lo stesso Marler in un'intervista a proposito del secondo lavoro dei Sabians sostiene che è più facile dire cosa il loro suono non sia piuttosto che cercare di catalogarlo in qualche cosa di già conosciuto. Ma forse, tutto sommato, è perché mentre l' alternative metal se la rideva e se la cantava lui era solo, su un isola deserta, a cercare di rinascere. E ce l'ha fatta, ce l'ha fatta col botto. Pure
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