La sensazione di trovarsi fottutamente indietro.

Il disco dell’anno, di fine 2010, e tu lo scopri a 2011 parecchio inoltrato, appena due settimane dopo l’unica delle due date italiane a pochi chilometri da casa tua. Sembra una macchietta dei Simpson. Ma ndò cazzo stavo?

E’ tornato il post-punk, è risorto in tutto il suo splendore, e Dio benedica Luis Vasquez, ma che dico, non serve che Dio lo benedica, è lui Dio, dalla California, e il suo viaggio nel deserto del Mojave, pensateci un attimo: un genio delirante, un tizio che è andato a registrare praticamente nella Valle della Morte (non è vero, ma fa molta scena) e se non ci ha pensato chissà che diavolo, è stata la musica a mandarlo via di testa.

The Soft Moon è un progetto allucinante, un posto in prima fila su un baratro cupo, nero, torbido, come doveva sembrare quel paesaggio alla luce della luna. L’esatto contrario della California calda e solare che siamo abituati ad immaginare, l’ideale accompagnamento per un buon noir, una linea di basso fissa che sembra recuperata da un vecchio vinile dei Bauhaus, e la voce di Vasquez molto molto lontana.?

Chiariamoci subito, Vasquez non canta: ulula, si lamenta, si contorce. Quand’è in vena allegra (si fa per dire), sussurra. Una singola vocale roca finchè gli rimane fiato in gola, tutt’al più biascica qualche parola indistinguibile (undici pezzi ascoltati in loop per tre giorni e la sola frase che sono riuscita a capire è “I swear qualcosa”), ma meglio così. Questi suoni non sono fatti per essere cantati: The Soft Moon è un disco che va ascoltato in silenzio, fissando il nulla.

E’ l’Apocalisse, un’esperienza mistica. E’ El Topo che scala la Montagna Sacra. “Breathe the Fire”, “Circles” e “Out of Time”, i tre pezzi di apertura, sono un’invocazione ctonica, capaci di indurti in uno stato catatonico senza precedenti. A risvegliarti, il riff tremulo di “When it’s Over” apre una specie di vortice dal sapore shoegaze, e se non è lui che si lamenta, ci pensa il sintetizzatore. Il resto lo fanno ritmiche martellanti e atmosfere dilatate.

Non è un revival, è dark wave allo stato puro. Un disco che è realmente uscito vivo dagli anni ’80, distribuito anche su vinile e cassetta, ma ci credete?

Il delirio totale, totalissimo.

Elenco tracce samples e video

01   Breathe the Fire ()

03   Out of Time ()

04   When It's Over ()

05   Dead Love ()

06   Parallels ()

07   We Are We ()

08   Sewer Sickness ()

09   Into the Depths ()

10   Primal Eyes ()

11   Tiny Spiders ()

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Altre recensioni

Di  Oldmateystepan

 "Le sonorità dark e le cupissime atmosfere che il signor Luis Vasquez ha composto in preda a chissà quale foga early 80' sono brutalmente tradite nella forma da una drum machine incessante di Newwaveiana memoria."

 "Se conoscete anche un qualunque posto in cui si vendano alcolici e almeno 5 o 6 persone ballano 'Sewer Sickness' vi prego di farmelo sapere. Vengo anche in autostop."


Di  masturbatio

 Breathe The Fire dosa alla perfezione l’apocalittico spaesamento Joy Division con i delay dei Cure.

 Se Ghostbusters fosse un film horror di serie-b, ambientato nel futuro con il cast di Twilight come cacciafantasmi, avrebbe senza dubbio questo disco come colonna sonora.