E' possibile fiutare odore di un buon disco synth-dance, vagamente retrò, un pochetto sbarazzino ed easy, in un'epoca in cui l'imitazione degli anni '80 è oramai un inflazionatissimo cliché da punire con la pena capitale? Risposte a tal quesito potrebbero piovere a centinaia, forse acquazzoni a catinelle e violente grandinate di lavori pop e pseudo pop, tuttavia la non convenzionale risposta dell'archivio indie-underground non sarebbe immediata né scontata: lontana da classifiche, tormentoni, playlist, podcast e carrozzoni mediatici, si fa strada la succulenta creatività degli ingiusti bassifondi, forse gli unici eredi dell'autenticità e della genuinità del cosiddetto "tanto tempo fa", anche senza l'aiuto economico delle grandi etichette e il relativo supporto promozionale e divulgativo.

Ancora una volta il binocolo dell'elettronica indie è puntato verso la Scandinavia, più precisamente in direzione della regale Svezia dei Premi Nobel. The Sound Of Arrows è un collettivo di due dj-remixer - Stefan Storm e Oskar Gullstrand - che può già vantare un decoroso curriculum di rimaneggiamenti e rifacimenti di brani mainstream per affermati artisti e band dance-pop. L'esordio in proprio scatta nel 2008 con il discreto extended play Danger!, seguito da M.A.G.I.C. nell'anno successivo, per poi approdare al debutto definitivo e ufficiale di "Voyage" nel 2011. Al perfetto crocevia tra l'elettronica semi-sperimentale e semi-avanguardista simil Royksopp e l'ardua eredità del pop danzereccio eighties alla Pet Shop Boys, l'album rappresenta un gradevolissimo tuffo nel passato che si dipana senza eccessi e sbavature verso il synth del futuro. "Voyage" non è dunque l'ennesimo pasticcio tipico dei giorni nostri, l'ennesima, sterile, superficiale e ripetitiva accozzaglia club, ma un piccolo gioiellino revival-retrò adatto sia ai nostalgici del Glorioso Decennio che ai fuggitivi dalle molestie sonore dell'era attuale.

Molteplici sono le vette conquistate e proposte da "Voyage", in primis il completo trait d'union euro-synthpop del singolo Wonders e Magic, brano che - forse - potrebbe assurgere ad una delle migliori reicarnazioni musicali degli Ottanta. Preziosi anche Into The Clouds, robotico miscuglio fra discomusic ed elettrodance, la riuscita eredità dei Pet Shop Boys in Nova e nella malinconica My Shadow, la lunga composizione (in buona parte strumentale) di There Is Still Hope, la grandiosità revival di Ruins Of Rome e l' "avanguardismo" quasi spirituale di Hurting All The Ways.

Il meglio di dieci intensi anni magnificamente estrapolati e correttamente inscatolati in un disco-tributo particolarmente ricco e intenso: "Voyage" è un nuovo piccolo capitolo sereno da inserire nell'incompleto volume dei prodotti di ottima fattura, sinonimo di un'immortale moda che, pur sottoposta alle barbarie della stravaganza e agli abusi più efferati, riesce ancora, nel secondo decennio dei Duemila, a dipingere la freschezza e la leggenda di un'epoca che non necessita di storielle, glitter, borchie e macchine del tempo per essere assaporata nelle sue più gradevoli fragranze.

The Sound Of Arrows, "Voyage"

Into The Clouds - Wonders - My Shadow - Magic - Ruins Of Rome - Longest Ever - Dream - Hurting All The Way - Conquest - Nova - There Is Still Hope - Lost City - Disappear - Dark Sun

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