Non ancora maggiorenni, due anni fa gli irlandesi The Strypes diedero fuoco alle polveri con “Snapshot”, sorprendente disco d’esordio che mostrò al mondo il talento di questo promettente quartetto in erba.

A sorprendere furono soprattutto le particolari influenze segnalate dalla band, dichiaratasi innamorata di certe sonorità a cavallo tra i sessanta ed i settanta (Yardbirds, The Animals e The Who su tutti). Già nell’album d’esordio, comunque, qualche influenza più al passo coi tempi si iniziava a sentire (ad esempio un forte flavour di Arctic Monkeys nella bellissima “What A Shame”, eseguita anche davanti ad un sorpreso David Letterman).

Influenze contemporanee che nel nuovo lavoro “Little Victories” si fanno molto, molto più presenti. D’altronde, come ha dichiarato lo stesso frontman Pete O’Hanlon, crescendo i punti di riferimento cambiano, e non potrebbe essere altrimenti.

Procedendo nell’ascolto del nuovo lavoro è bene tenere a mente due cose fondamentali: parliamo comunque di ragazzi non ancora ventenni, che stanno ovviamente cercando una loro precisa identità artistica. Non stupisca, quindi, un disco classicamente di transizione come questo. La sostanziale differenza è che i ragazzini ci sanno fare, ed hanno talento per riuscire nell’impresa, come ben evidenziato in diversi episodi di questo full lenght.

Su tutti, il pezzo più bello dell’album, “A Good Night’s Sleep And A Cab Far Home”: tre minuti scarsi di post britpop nei quali il gruppo mette in chiaro di avere una predisposizione molto marcata alla melodia killer. Così come, nella doppietta iniziale formata dal singolo “Get Into It” ed “I Need To Be Your Only”, è chiaro che la lezione dei più esperti e smaliziati Kasabian è stata imparata a menadito. Da lì in poi, l’album perde un po’ in omogeneità, come fosse una vetrina ipercolorata dove i quattro mettono in mostra tanti begli oggettini completamente diversi da loro. Dalle “scimmie artiche” (di nuovo) della carichissima “Eighty-Four”, alla brit ballad “(I Wanna Be Your) Everyday”, dal quasi-stoner di “Cruel Brunette” alla chiusura con “Status Update” e “Scumbag City”, che richiamano improvvisamente il sound più bluesy di “Snapshot”.

Ce n’è per tutti i gusti, quindi, a patto che ci si renda conto di essere nel bel mezzo di un rito di passaggio ad una vita musicale (si spera) più definita e coerente. Nel frattempo, ascoltando con pazienza, gli Strypes ci regalano qualche gemma che merita davvero di essere raccolta.

Miglior brano: A Good Night’s Sleep And A Cab Far Home

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