Matt Elliott per fortuna non si è mai preso grandi pause e vanta oramai una discografia sostanziosa e importante. La vera novità allora in questo caso specifico è data dal fatto che il suo nuovo album, uscito lo scorso nove febbraio su Ici, d'ailleurs e intitolato "Wake The Dead" ripropone il suo primo storico progetto: The Third Eye Foundation. Si tratta di un progetto musicale maggiormente improntato sull'utilizzo di strumentazioni elettroniche e atmosfere sintetiche rispetto ai dischi cui ci ha abituato e che è stato sostanzialmente un po' messo da parte negli ultimi vent'anni (se escludiamo la pubblicazione di "The Dark" nel 2010), ma che adesso viene inaspettatamente rilanciato con questo disco che a partire dal titolo propone immediatamente il suo concept e i suoi contenuti.

In qualche modo del resto "Wake The Dead" segna non tanto sul piano dei suoni quanto invece sul piano puramente concettuale una vera e propria svolta: The Third Eye Foundation sin dal lontano 1996 si è sempre proposto come un progetto improntato a una certa visione critica del mondo che ci circonda. Una visione che ora a distanza di anni secondo Matt Elliott non può che essere in qualche maniera distorta dalla contemporanea situazione sociale e politica e che quindi vuole adesso considerare in qualche modo ferma e immobile nel tempo e in una maniera trascendentale ricercare in un ideale viaggio nel regno dei morti e nel loro risveglio una specie di rigenerazione spirituale del genere umano che si opponga a questa sensazione terribile di inevitabilità. Le sonorità del disco del resto, interamente suonato da Matt Elliott tranne che per la collaborazione di David Chalmin, del batterista Raphael Séguinier e del violoncellista Gaspar Claus, sono dei veri e propri rituali sintetici nei quali vengono richiamati i fantasmi del passato in una specie di allegoria didascalica dantesca carica di suggestioni e l'alternanza di session drum & bass e dubstep e sfumature avant-jazz, deep ambient e paranoie trance.

Apparentemente è difficile trovare qualche cosa di rassicurante in queste sonorità tetre e dove un grande songwriter e vocalist come Matt Elliott rinuncia deliberatamente all'uso della voce per lasciare spazio a meditazioni e esperienze trascendentali che sempre rifacendoci al divino (cioè Dante), in questo caso mirano specificamente a una redenzione dell'umanità universale sul piano ideologico in un viaggio che si compie sin dalle rive dell'Acheronte ma che alla fine ci porta a rivedere idealmente rivedere le stelle nella realizzazione mistica di quel processo di excessus mentis di illuminazione delle nostre anime.

Carico i commenti... con calma