Dopo aver commentato la recensione degli utlimi concerti italiani degli Who, recupero questa per aggiungere la mia impressione.

18 anni dopo. Probabilmente il primo recensore non leggerà nemmeno, ma non mi tiro indietro e aggiungo la mia esperienza.

Mi trovavo all'Elba per una pausa pre-estiva, avevo già fatto i biglietti mesi prima e con la mia fidanzata partiamo verso Verona. Traghetto e poi autostrada con file intense all'altezza dell'outlet di Mantova (forse era un avvertimento divino?). Arriviamo con discreto anticipo, parcheggio sotterraneo Arena. Stanchi ma contenti.
Vestiti estivi e senza aver idea della tempesta in arrivo prendiamo posto. Guardando il palco siamo a destra, gradinate vista diagonale sul palco perfetta. Siamo dal lato di Townshend, vicino a noi anche Oskar degli Statuto.

Parte il gruppo spalla, come ricordato gli Rose Hill Drive. Bravi, bravini, pesanti.....come le nuvole in arrivo. Viene sottovalutato un po' da tutti lo scenario e, con il senno di poi, avrebbero dovuto/potuto tagliare la scaletta del gruppo di apertura. Perché nel frattempo le nuvole sembrano essere l'orda infernale, cariche di acqua e elettricità arrivano da sud-est, non vogliono perdersi in nessun modo gli Who in Italia. Mancavano dagli anni 60.

Come perfettamente elencato nella precedente recensione, partono con il botto, ma allo stesso tempo parte la pioggia. Si fermano, ripartono. La situazione è insostenibile e la pioggia arriva fino al palco. Townshend guarda in alto diverse volte poi verso il pubblico: "This was supposed to be for you!" (Doveva essere per voi!) — scherza, ma mica tanto, direi!

Ripartono e la voce di Daltrey si inceppa. Il concerto ormai sembra andato. Molti abbandonano. Noi fradici decidiamo di tornare in macchina, abbiamo le valigie e ci cambiamo, mettiamo addosso quello che possiamo per proteggerci dalla pioggia che non smette. Ci vestiamo di buste e torniamo verso l'arena. A un certo punto, sembravamo due profughi avvolti in buste di plastica, tanto che un tipo lungo il viale ci fotografa. Non ho mai capito se per compassione o per il look "futuristico".

Torniamo dentro, superando la resistenza di quelli che, con la saggezza dei pessimisti, sentenziavano: "Tanto non riprendono"
Ed invece, a sessanta anni suonati, Towhshend ci ricorda perché è li su quel palco e perché tutte quelle persone sono corse al suo capezzale da mezza Italia. Lo ricorda anche Verdone in un suo aneddoto, anche lui sotto al palco ma in platea.

Sulle sue spalle più di un'ora di concerto, suona, canta, si dimena. Alla fine con l'ultimo mulino a vento saltano anche i bottoni della camicia. Un vero e proprio dinosauro del rock che si rifiuta di estinguersi, con Daltrey a fargli da fedele scudiero.

Alla fine eravamo esausti, inzuppati fino al midollo, infreddoliti, ma incredibilmente felici. Testimoni di una serata sfortunata ma epica.

Poi il ritorno verso Parma, un zig-zag di autostrade. Alle due del mattino, cotti come pere al forno, ci siamo arresi e abbiamo dormito in un autogrill verso Brescia. A casa alle quattro del mattino. Il giorno dopo, ho dormito in ufficio. Quando qualche collega più anziano ha saputo del mio sacrificio, mi hanno chiesto:

Sei andato al concerto degli Who, com'è stato?

Pazzesco

https://www.youtube.com/watch?v=OTSKwJNt2qU

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Altre recensioni

Di  silian87

 Il concerto a cui ho assistito ieri sera è stato qualcosa di vero, come l'aria che respiravo, le immagini che vedevo e la musica che sentivo.

 Questo è stato un concerto vero, fatto di musicisti che non se la sentono di tradire tutti e vanno avanti, fatto di un pubblico stupendo che sta fuori a prendersi la pioggia, fatto di persone vere, fatto col cuore... il cuore degli Who.