E' la prima recensione che faccio su gli Who, e visto che i classici della band come "Tommy", "Who's Next" e "Quadrophenia" sono già presenti nel "catalogo" di DeBaser, mi cimento nel parlare di un disco noto solo ai veri fan di Townshend & Co. "The Who By Numbers".

Questo disco datato 1975 è successore a "Quadrophenia", e tiene testa ai precedenti lavori del gruppo, per le sue stupende melodie e arrangiamenti. Si è vero non puo' essere annoverato a tutti gli effetti tra i capolavori degli Who e del Rock in generale, ma è un album che ha degli spunti davvero interessanti, e che allo stesso tempo è contenitore di emozioni e sensazioni. Ci sono brani (specialmente le ballate) in questo disco davvero stupendi, ed anche i testi sono delle vere opere letterarie. Insomma, da grande estimatore di questa magica band posso dire che "The Who By Numbers" è uno dei migliori album degli Who.

Si parte con i ritmi e l'atmosfera magica di "Slip Kid". Con questa prima traccia, possiamo già intuire di che pasta è fatto il disco. Da brividi l'assolo centrale di Townshend! Si procende con il boogie "However Much I Booze", dove Pete ci regala una delle sue migliori perfomance vocali. Un ottimo inizio con questi due brani, non credete?! E' l'ora della celebrerrima "Squeeze Box", dall'atmosfera divertita e blueseggiante. Perfetti i "backing vocal" che intonano le frasi "Mama's got a squeeze box, Daddy never sleeps at night...". E' la volta di "Dreaming From The Waist", che ci riporta alla memoria di "Tommy" (da parte della chitarra acustica) e "Quadrophenia" (per via dell'elettrica), un pezzo in puro stile Who (e sapete cosa intendo quando si dice così!) con un Daltrey in forma smagliante. Dopo questi quattro brani, siamo ben carichi (non ne hanno sbagliata una...!) e siamo pronti ad assistere con i brividi nel corpo alla bellissima melodia di "Imagine A Man". Arpeggio delicato di acustica, voce calda e armoniosa di Roger, decorazioni di piano nel sottofondo e magia, solo tanta magia. Punto cardine del brano è l'innalzare di tutti che dicono "And you will see the end, you will see the end, and you will see the end, you will see the end, oh yeah..."

"Success Story", se non fosse per le voci sembra di ascoltare un pezzo uscito da "Physical Graffiti" dei Led Zeppelin. Troviamo anche un formidabile Keith Moon alla batteria. "Dhey Are All In Love" è un altra stupenda melodia, qui il piano è il vero protagonista. Questo brano è la prova che la musica può tutto, un susseguirsi di emozioni e visioni davvero sbalorditivo. "Blue, Red And Grey" è ancora magia sonora, cantata e suonata dal solo Townshend, accompagnandosi con l'akulele e dall'armonizzazione di alcuni strumenti a fiato (ovviamente non tutto suonato da lui, che si accompagna solo con la chitarrina Hawaiana...). "How Many Friends", è proprio qui che voglio analizzare la parte testuale del disco. Come già tutti sappiamo, gli Who nelle loro grandi opere hanno sempre affrontato temi profondi: dall'insoddisfazione adolescenziale di "My Generation", passando per i problemi sessuali (per la precisione la masturbazione) di "Mary-Anne With The Shaky Hands" e le prese in giro sulle pubblicità di "The Who Sell Out", e infine culminando in un' insieme di infanzia, violenza sessuale, sfruttameto di chi non può difendrsi e l'idolatria di "Tommy". Qui, in questo brano invece si parla di amicizia, di finta amicizia. "Mi sento così bene proprio adesso, c'è un bellissimo ragazzo che mi racconta di come ho cambiato il suo passato, mi paga un brandy ma potrebbe darsi che stia solo dietro al mio culo?", in questo modo ironico Daltrey canta la prima strofa del pezzo, e continua... "Gli piacciono i miei abiti, dice che apprezza gli uomini vestiti alla moda, ma nessun altro lo fa, è così gentile, per quale motivo?", dando poi sfogo alla sua rabbia nel momento clou del brano... "Quanti amici ho davvero? Puoi contarli sulle dita di una mano Quanti amici ho davvero? Quanti amici ho davvero? Che mi amino, che mi vogliano, che mi prendano per come sono?". Così facendoci apprendere che non è mai detto che se una persona ci fà un complimento, sia davvero nostra amica, ma che lo sarà solo se ci accetterà per come siamo veramente. Il disco chiude con "In A Hand Or A Face", dal sapore Hard e Pischedelico. Un brano duro, grazie anche alla strabigliante interpretazione di uno dei piu' grandi e carismatici batteristi di sempre: Keith Moon.

Come si può concludere una recensione dedicata a un disco pieno di emozioni, sensazioni, visioni, sentimenti e di carica emotiva, come questo? Con una sola parola:

GRANDI!!!

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