Il panterone nero rimira minaccioso la città sotto una luna enorme e brillante, trafitta da una scritta di Roger Dean. Il panterone sarebbe Phil Lynott, come già detto in tutte le altre recensioni su questo sito, metà brasileiro e metà Irish. Milita negli Skid Row, viene allontanato da questi ultimi e forma gli Orphanage, dove incontra il batterista Brian Downey, che poi diventano Thin Lizzy con il chitarrista Eric Bell. E fin qui lo sapevamo.

1973: i Thin Lizzy, con tre dischi all'attivo, sono quasi allo sbando (o meglio "disbanded"): scaricati dalla Decca, reduci da vendite discografiche più che modeste e tour dalle partecipazioni in termini di pubblico disastrose, sono sull'orlo del fallimento finanziario, nonostante il successo della recente hit "Whisky In The Jar". Rimangono orfani del primo chitarrista Eric Bell prima, e del suo saltuario sostituto Gary Moore dopo, e anche dei due chitarristi ingaggiati a tempo determinato, Andy Gee e John Cann (quello degli Andromeda). Il batterista Brian Downey, frustrato dalla situazione, è sull'orlo di andarsene.

Grazie ad una genialata del manager Chris O'Donnel i Thin Lizzy riescono a firmare un contratto con la Vertigo, giocando nuovamente la carta dell'enfant prodige, dicendo che nel gruppi militava un chitarrista diciottenne (presumibilmente Gary Moore, come era cinque anni prima negli Skid Row...) e furono subito ingaggiati dalla casa discografica.

Per molti è da qui che iniziano i "veri" Thin Lizzy, quelli con i due chitarristi Scott Gorham e Brian "Robbo" Robertson. Io preferisco dire che viene inaugurata la formazione cosiddetta "classica", non più un power trio, ma un quartetto perfetto. Scott Gorham, nato e cresciuto in California si era trasferito a Londra con l'obiettivo entrare nei Supertramp, suo gruppo preferito. Deluso, formò un gruppo di nome Fastbuck, di scarsissimo successo, ma grazie al quale si presentò (non troppo convinto) a un'audizione per i Thin Lizzy ("La prima cosa che pensai è che questa aveva uno dei nomi più brutti che avessi mai sentito"). Molto più entusiasta fu Robbo, che fece pressioni su Lynott e Downey affinché non cambiassero il nome del gruppo, da sempre uno dei suoi preferiti. E così furono ingaggiati entrambi.

Così nasce la prima avventura in studio della nuova formazione, "Nighlife": certo non siamo ancora all'apice, qua e là qualche parte debole (Showdown, nel ritornello specialmente) ma da qui in poi è tutta una risalita verso l'apice. L'orchestrazione è forse un po' troppo invadente e pomposa, come nella funkeggiante Night Life e nella ballata per piano Frankie Caroll, uno dei tanti malinconici bozzetti di vita dublinese, per non parlare del lentone finale Dear Heart. Ma quando sentiamo l'attacco sonoro di It's Only Money, piuttosto che le sferragliate di batteria di un esplosivo Brian Downey in Sha-la-la, ove rulla e rumba come un motore a quattro tempi, con un doppio pedale usato con gusto, capiamo la grandezza di tal disco. La grande ballata Still In Love With You, in cui partecipano Gary Moore e Frankie Miller, diverrà cavallo di battaglia della band, e poi Philomena, dedicata alla madre di Lynott. Gran splendore da qui in poi, non c'è che dire.

Piccola postilla: il numero #29 di gennaio della buona rivista Classix è dedicata ai Thin Lizzy. "Qualcuno ancora oggi si illude di aver visto i Thin Lizzy di ritorno dall'esibizione di un pugno di mercenari che suonano le canzoni di un uomo che non è più tra noi da quasi 25 anni". Beh, io il 2 febbraio a Trezzo d'Adda c'ero, e sinceramente la presenza di Scott Gorham, Brian Downey e del tastierista Wharton (già tastierista in Chinatown, Renegade e Thunder And Lightning) mi ha fatto ricredere: anche perché Vivian Campbell (Dio) e Marco Mendoza (Whitesnake) non sono i primi pirla che passano per la strada. Certo, il buon Ricky Warwick non sarà MAI Phil Lynott, ovviamente, ma penso che rendano veramente omaggio in molto speciale al grande genio del "panterone" di Dublino. 

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