Si chiudono le frontiere o no? L'immigrazione arricchisce o disorienta i "valori"? Destra o sinistra? Ma non c'è di più bello quando avvengono le fusioni. Non dico il compromesso storico o le unioni tattiche dei partiti. Intendo le culture e i sapori. Si rimane ancora attoniti quando si ripescano ambient e sonorità del raga e il concetto di rock unito all'Oriente. L'America che sposa il Mediterraneo e le industrie inglesi che sposano l'India. I viaggi mistici che arricchiscono le menti e che permettono di toccare con mano realtà astruse e surreali. La Third Ear Band offre un panorama colto e pittoresco della generazione hippy inglese e americana ammaliata dall'esotismo. E' impressionante e ammirevole come tutti questi gruppi siano riusciti ad esplicare le proprie potenzialità, di incentrare un concept su tematiche alte e fondere varie esperienze.
Si assaporano arcaicità, alchimie di popoli di ere lontane, profumi esotirici e bucolici. Ci si sofferma a meditare sul ruolo dell'uomo, sul senso della vita e sulla filosofia, la sociologia e l'arte dell'Antico Egitto. Il primo lavoro, "Alchemy", si basa su "Il Libro Dei Morti", le litanie ebraiche e il mito dei celti. Tutto ciò mischiato e fuso in note, musica. E' surreale quello che propone il quartetto con viola, tablas, violoncello e oboe. La scuola minimalista di Riley viene studiata e migliorata, si ragiona su come comporre un brano e su come effettuare la melodia. Le strade che si intraprendono non sono quelle standard ma si cerca di espandare, ripetere, esorcizzare la nota al fine di propagare una melodia disegnata e arricchita da tutti gli strumenti.
Le strutture sono quadrate e non si rischia di rendere monotono il concetto grazie al fluire sonoro e allo spessore degli esecutori. E' una delle realtà più interessanti ed originali insieme all'Incredible String Band di "A Very Cellular Song", il Donovan di "Atlantis" e addirittura i Tea & Symphony con "An Asylum For The Musically Insane". Il beat, il riverbero nei cori, la chitarra acida e l'Oriente minimalista ed occulto si fondono in un'unica cosa: il raga. Un mondo di suoni vasto come quelllo del krautrock e del Canterbury sound. Mille sfaccettature e sensibilità diverse, con chi più vicino al jazz e chi più vicino al rock e alla psichedelia. Le strutture quadrate del primo "Alchemy" vengono estremizzate nel 1970 con il secondo lavoro omonimo, il capolavoro ovvero. Incentrato sui quattro elementi della filosofia greca (Aria, Terra, Fuoco e Acqua), quello che ne esce fuori è pura avanguardia. Si rimandano a suoni ancestrali con il violino straziante, il serrato violoncello, l'oscuro oboe e l'esotismo delle tablas.
"Mina" dei nostrani Aktuala o "Aries" e "I Cancelli Della Memoria" di Battiato sono gli esempi perfetti del raga in Italia, nonostante passi importanti anche con "Volo Magico N.1" del caro Claudio Rocchi o qualche accenno negli Osanna e in "Aria" di Alan Sorrenti. L'assetto di queste composizioni sganciano i canoni tradizionali e vengono effettuate per favorire la meditazione e la preghiera. La riflessione meditativa e l'autoanalisi vengono consacrate in tutti gli anni Sessanta/Settanta, innalzandole come baluastri del messaggio avanguardistico. Imponenti ed immaginifiche sono la possenza del ritmo e l'ossessività di "Earth". Pescano tutte le sfaccettature dell'umanità, delle tradizioni, dei culti. Si è roboanti nella frenesia di "Fire", dove le tabla assumono sempre più i ruoli dell'elettronica futura senza perdere mai il ritmo. I dialoghi tra violino e oboe sono divini, la linearità di "Air" è qualcosa di pauroso, dove si è totalmente ipnotizzati dal basso delle tablas e dall'ambient del tutto alienante. "Water" possiede un astrattismo alla Schulze di "Ebene", facendo precipitare l'ascoltare in una serie di vortici e surreali spirali. Da avere.
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Altre recensioni
Di Gregor_Lake
La rara capacità della Third Ear Band è quella di incantare, quasi assorbire l'ascoltatore.
Madre Natura riproposta in suoni, attraverso quattro lunghe suite, tra improvvisazioni tribali e peculiari ricerche sonore.