Spesso classificata frettolosamente come una band progressive o psichedelica, la Third Ear Band potrebbe essere accomunata ai Pink Floyd o ai King Crimson soltanto per l'attitudine compositiva, inusuale, in un'era rock passata alla storia proprio grazie a band inusuali.

Ma, in effetti, anche col rock non è che avesse molto da spartire: la loro musica è infatti più vicina al free-jazz tradizionale, dal quale però si differenziava per l'utilizzo di una strumentazione tipicamente etnica che nella resa del suono creava atmosfere vicine a un certo folk esotico, indubbiamente antenato di quella World music in auge negli anni '80.
Non erano pezzi convenzionali quelli della Thir Ear Band, e benché le loro dilatate composizioni strumentali fossero molto più accomunabili al minimalismo o a certe divagazioni raga piuttosto che al mainstream dei Beatles o dei Rolling Stones, curiosa e degna di nota è l'entrata nell'UK top 50 di tutti i loro dischi, un fatto dovuto forse alla loro costante presenza nel circuito dei festival live.

In questo disco omonimo (altresì noto come "Elements" per il nome delle tracce), ancor più che sul precedente "Alchemy", l'intento (perfettamente riuscito) della band è quello di avvolgere l'ascoltatore in uno stato di quiete "tropicale", quel relax assoluto che soltanto la natura può farci raggiungere. Eccocela quindi, Madre Natura riproposta in suoni, attraverso quattro lunghe suite, tra improvvisazioni tribali e peculiari ricerche sonore; il tutto dominato da Paul Minns, che suona il suo oboe come un sassofonista jazz, ma in maniera molto più affascinante, specie nel ricamo delle tessiture armoniche.

La rara capacità della Third Ear Band è quella di incantare, quasi assorbire l'ascoltatore, ed è ben evidente dalla traccia di apertura, "Air": una leggera brezza ci introduce a dieci minuti di denso e ritmico groove, e l'armoniosità dell'oboe capace di riportarci alla mente un cinguettio avico si distende sull'incalzante lavoro delle pelli di Sweeney. In seguito altri artisti come Can o Roxy Music avrebbero incorporato nei loro lavori alcuni aspetti tipici di questo stilema, a crear situazioni drammatico/emotive, ma in "Air" per la prima volta queste sensazioni vengono tradotte in un'assoluta forza primaria così piena di passione tanto che è impossibile resistervi.

"Earth" è essenzialmente un vivo folk per violino e violoncello, con un pizzicato accelerato quasi da Cossack dance ma con un tono di drammaticità, nella parte centrale, che potrebbe riportare a certo post-rock degli anni  novanta; "Fire", nelle sue dissonanze, è un gioco di archi costruito su un telaio folk-jazz, e nei passaggi centrali, più esoterici, lascia attentamente cogliere la sensitività di un artista come Paul Minns, astratto, mistico, introspettivo; e infine "Water", dove la melodia d'oboe pare disegnare la curva delle onde di un fiume, che scorre incontaminato su una nenia bucolica di pascoli nordici, mentre la viola tremula riflette quello stato di serenità creatosi, prima che le onde si rifrangano sulla battigia...

Non soltanto uno dei tanti gruppi ibridi di quel tempo, quindi, ma purtroppo vittima delle etichette, la Third Ear Band aveva uno stile era prettamente unico ed inimitabile, ed è forte ed innegabile l'influenza che ha avuto sul progressive, sull'ambient e, principalmente, sulla World music.

Elenco tracce e samples

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Altre recensioni

Di  Battlegods

 "La Third Ear Band offre un panorama colto e pittoresco della generazione hippy inglese e americana ammaliata dall’esotismo."

 "Le strutture quadrate del primo 'Alchemy' vengono estremizzate nel 1970 con il secondo lavoro omonimo, il capolavoro ovvero."