Per motivi a me non ancora del tutto chiari (anche se sospetto centrino in qualche modo i cicli lunari), i periodi d'esame universitari sono sempre un periodo estremamente prolifico dal punto di vista delle scoperte musicali. Infatti la mia bulimia musicale tende in queste fasi ad acuirsi a livelli critici, portandomi anche ad ascoltare cose che normalmente avrei forse (talvolta colpevolmente) ignorato. Ebbene è proprio in uno dei miei ennesimi pellegrinaggi a vuoto per la rete che mi sono imbatutto in un termine in grado di attirare la mia attenzione: shitgaze.
A quanto pare infatti l'inflazionato mondo dei generi musicali ha un nuovo abitante, anche se forse pseudogenere sarebbe una dicitura più adatta visto che il movimento sembra non esser durato che un paio di anni. Trattasi in ogni caso di un approccio estremamente radicale e naif alla musica rock, altamente lo-fi; o per dirla in maniera più prosaica gli alfieri di questo genere sono perlopiù persone che, se va bene, maneggiano al più l'abc strumentale e alla maniera dei primi gruppi punk/garage si barricano in qualche oscuro loculo dove prendono come ossatura semplici melodie "pop", per poi violentarle e seppellirle sotto strati di distorsioni e rumori. Concetto non dissimile dal shoegaze (come si potrà anche notare dall'arguto gioco di parole che ha battezzato questa proposta musicale in questione), ma il tutto suonato e prodotto molto, ma MOLTO peggio.
Essenzialmente, quello che diversifica questi novelli "punk" da quelli a loro precedenti è che l'aspirante musicista medio ha, grazie alla rivoluzione del web2.0, consocenze ed ispirazioni musicali che i loro predecessori manco si potevano sognare; questo porta ad un'inusuale commistione di sacro e profano, nel momento in cui queste colte "citazioni" vengono inserite in un tessuto sonoro tutt'altro che virtuosistico; e sta appunto in questo il fascino che il genere produce sul sottoscritto. Infatti questi gruppi permettono di godersi canzoni che sono al contempo semplici, dirette e (entro certi limiti) melodiche, senza sfociare per questo nella noia e nella mediocrità/banalità a cui sono condannate la maggior parte delle uscite musicali du questo tipo.
Tra i gruppi più interessanti del movimento, perlomeno da quel che ho potuto sentire fino ad ora, figurano certamente i Times New Viking, che con questo "Dig Yourself" hanno posto una delle "pietre miliari" (se tali le si può definire) di questo movimento. Rispetto alla media di questi gruppi, i TNV spiccano per una piuttosto spiccata e raffinata capacità compositrice, tanto che le canzoni, fossero più levigate, non sfigurerebbero nemmeno in una delle tante discoteche indie-alternative (complice anche una minima confidenza con i propri strumenti musicali); a questo però il nostro baldanzoso trio aggiunge una serie di influenze del tutto rispettabili, coprendo le canzoni con uno strato di sporco grezzume condito da richiami a gruppi quali i Can, i Velvet Underground ed i 13th Floor Elevator.
Purtroppo già a partire dal disco successivo il gruppo pulirà il proprio suono, limando via le asprità e gli elementi "sovversivi", verso un suono più accessibile, ma inevitabilmente anche molto più anonimo (evoluzione compiuta più o meno da tutti i gruppi del movimento, che proprio a causa di ciò ha avuto vita breve), ma "Dig Yourself" rimane un piccolo diamante grezzo, che perlomeno gli appassionati del noise/garage non dovrebbero lasciarsi sfuggire. Nulla di epocale, non cambierà il vostro modo di ascoltare la musica, ma come si suol dire in questi casi: "It's only rock n roll but I like it".
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