Diciamo la verità: a dare una scossa elettrica al rock italiano tra gli anni '80 e gli anni '90 non sono stati solo i Marlene Kuntz, gli Afterhours, i Massimo Volume, i C.S.I. (come i CCCP) e i Litfiba (soprattutto agli inizi). C?è stata anche un'altra band purtroppo non compresa fino in fondo all'epoca, che magari qualcuno al giorno d'oggi ritiene sia stata "tamarra" all'epoca. Quella band si chiamava Timoria. E fino a prova contraria, sono stati gli autori di vari dischi degni di rispetto secondo me.
Il fulcro dei Timoria si costituisce nella metà degli anni '80 a Brescia, grazie all'incontro tra Omar Pedrini e Francesco Renga, cantante dotato di una delle voci più belle qui in Italia. In origine si chiamavano "Precious Time" (registrando anche un demo), ma poco dopo decisero di cambiare il nome proprio in Timoria, con l'aggiunta del batterista Diego Galeri, del bassista Davide Cavallaro e del tastierista Roberto Bandello. Dopo il buon EP d'esordio "Macchine e Dollari" del 1988, Cavallaro e Bandello lasceranno la band per lasciare posto rispettivamente a Carlo Alberto Pellegrini (detto Illorca) ed Enrico Ghedi. 1990: finalmente viene dato alla luce "Colori Che Esplodono". Alla produzione nientemeno che quel genio (nel vero senso della parola) di Gianni Maroccolo, assistito nelle registrazioni anche da Giorgio Canali.
Già da questo album si capisce come sarà lo stile dei Timoria con Renga alla guida. Musiche che colpiscono al cuore, testi riflessivi, particolari, mai banali. E soprattutto voglia di essere sempre variegati nei suoni.
Questo è un disco caratterizzato da una certa freschezza, ballate rock che si alternano a pezzi più spinti: "Sogno Americano", come da titolo, è puro American-style, e magari chi l'ha sentita potrebbe essersi sentito un po' "teletrasportato" in ambientazioni degne di "Easy Rider". Lo stesso vale per l'intima "Forse Un Giorno".
"Bianca sposa giovane età
Ma il tuo inverno come sarà?"
Ma il capolavoro del cd (e uno dei singoli con relativo video) si chiama "Milano (Non E' L'America)", introdotta da un soffice pianoforte suonato da uno degli ospiti dell'album, Francesco Magnelli, per poi finire in una sorta di cavalcata nostalgica e malinconica.
Suoni maggiormente duri si sentono già in "Confine", con tanto di armonica di Bertrand Cantat (i Noir Desir dicono nulla?). Per poi continuare su tale strada (a cavallo con lo stile acustico di prima) con "Walking My Way" (altro singolo), inno alla libertà.
Altro ospite è Antonio Aiazzi, che nella titletrack (dedicata, come tutto il lavoro, a Van Gogh, Mussorgsky e Kandinsky, proprio perché avevano la particolarità di creare quei "colori che esplodono", ossia sottolineare il legame tra le varie espressioni artistiche, specialmente pittura e musica) porta (ovviamente sempre seguendo lo stile Timoria) quei suoni cupi che già avevamo ascoltato nei Litfiba di "Desaparecido" e "17 Re".
"Non Sei Più Tu" è 100% rock'n'roll, forse uno dei pezzi a cui si ricollegheranno meglio i lavori successivi, con un Renga immerso nei dubbi dopo una delusione amorosa.
"Se tutto il mondo era casa mia,
ora il mondo non so dove sia?"
Per poi dialogare con un "Vecchio Professore", che a detta della band è "invecchiato troppo in fretta senza vivere".
Invece "Siempre Nacer" ispirata all'omonima poesia di Pablo Neruda, è un'altra ballata un po' in stile western, anch'essa con Cantat all'armonica ed Aiazzi alle tastiere.
Ma con le ultime tre canzoni si respirano di nuovo quelle atmosfere rock'n'roll di cui sopra. L'organo Hammond suonato da Enrico Ghedi, alternatosi al pianoforte suonato di nuovo da un Magnelli in estasi fa un certo effetto ascoltando "Io Non Ho". La fenomenale "Hey Giò" sembra essere una sorta di prequel della storia di Joe che nascerà in "Viaggio Senza Vento". Da segnalare i saluti di Cantat alla fine, in italiano!
La malinconia ritorna in "Rincorro Pensieri", ultima traccia con il contributo di Magnelli (nel finale), che è il giusto modo di concludere questo "spettacolo", prima del sipario.
"Rivedi quei volti che scorrono forti
Puoi solo guardare
Vivendo il tuo tempo ma oggi vorresti
Cambiare canale
Cosa c'è, ero bambino
Ma perché, essere uomo?
E puoi solo guardare..."
Non un capolavoro, ma sicuramente un ottimo lavoro, importante e molto sottovalutato, purtroppo. Consigliato in particolare a tutti quelli che vogliono riscoprire il lato più vario della band bresciana.
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